«Al voto ognuno col suo simbolo»

Ora basta. Aspettiamo e ascoltiamo». Maurizio Gasparri non vuole dire di più. Da quando ha smesso di fare il ministro delle Comunicazioni, si occupa soprattutto del partito unico. «Partito nuovo, prego», corregge subito il big di An nel gruppo di Todi, quello che sta mettendo a punto la nuova formazione politica. E Gasparri non vuole commentare oltre Gianfranco Fini e le sue ultime uscite. Onorevole, ascolterete che cosa? «C'è l'assemblea nazionale del partito convocata per i primi di luglio. Andiamo e ascoltiamo quello che avrà da dire Fini. Tocca a lui dirci qual è la sua strategia. E poi valuteremo». E se non vi piacerà? Se non sarete d'accordo? «Vedremo». Ma cosa farà lei nell'ipotesi? «Ma come faccio a risponderle? Mi scusi: posso mai commentare un'ipotesi che nemmeno conosco? Andiamo all'assemblea, ascoltiamo e valutiamo». È vero che esiste una «santa alleanza» dentro An? «Una santa che? Magari una Santanchè». Una santa alleanza tra lei, La Russa, Alemanno e Storace per il rispetto dei valori di An? Potreste mettere in minoranza Fini... «Non esiste nessuna santa alleanza. Ma ci sono tanti in An che chiedono il rispetto delle regole interne, un dibattito e la convocazione degli organi statutari». Ma secondo lei Fini dove vuole andare? «C'è una sola persona che può risponderle: Gianfranco Fini». Che consiglio gli darebbe? «Sui referendum non mi esprimo perché siamo nella fase di silenzio costituzionale. Ho letto le sue parole e il suo timore che vi sia un rischio neocentrista. E non ha torto, Follini l'ha detto». Follini? «Già, il segretario dell'Udc in un recente articolo ha scritto il suo sogno: il centro (destra). Ecco, dobbiamo fare in modo che la destra non finisca tra parentesi, ma anzi sia protagonista del nuovo processo». E come, scusi? «Partecipando alla costituzione del partito nuovo. La politica dal '94 in poi ci ha dimostrato che si vince uniti». E come si ottiene la maggiore coesione? «Fare in modo che ci sia un nucleo forte con An, Forza Italia e Udc. E poi fare alleanze con gli altri partiti». Pensa alla Lega? «Non solo, anche al movimento autonomista di Lombardo. E comunque con chi condivide il progetto del centrodestra». In questo modo An si dovrà sciogliere? «È da vedere. L'importante è che nasca un nuovo soggetto politico di centrodestra. Altrimenti dopo una non augurabile ma eventuale sconfitta nel 2006, è seriamente probabile che due terzi della Margherita, un pezzo di Udc e fuoriusciti di Forza Italia diano vita al "centrone" che qualcuno sogna. E noi neanche all'angolo: sugli spalti». Anche a destra c'è chi ritiene anche sconveniente mettere da parte il simbolo di An? «Guardi, oggi noi eleggiamo quasi mille parlamentari. Solo duecento grazie al sistema proporzionale». E che vuol dire? «Voglio dire che la gran parte dei nostri parlamentari sono già di un unico partito, perché sulla scheda, chi li ha votati ha trovato solo il simbolo della Cdl». Però poi gli stessi parlamentari si sono divisi, visto che appartengono a gruppi diversi alla Camera e al Senato. «Esatto, il che significa che i nostri elettori sono già pronti al partito unico, sono i vertici che devono adeguarsi». Senta, ma non c'è contraddizione tra difendere i valori di An e poi chiedere al partito di confluire in un'altra formazione? «E perché contraddizione? Quando abbiamo fatto An per un anno Fini è stato segretario del Msi e coordinatore del nuovo partito. Poi ci fu il congresso e decise lo scioglimento dell'uno e la nascita dell'altro. Il percorso è lo stesso. Mica ci sarebbe vietato parlare. Lo facciamo oggi, lo faremo anche domani. Al contrario, si tratta di far confluire i nostri valori in un soggetto più ampio». Però così si corre il rischio che vengano «annacquati»? «Le faccio un esempio pratico». Prego. «Quando ero ministro delle Comunicazioni ho sperato che si potesse fare una fiction sulle foibe, in modo che tutti gli italiani potessero conoscere e questa pagina di storia negata. Se non facevamo parte di una maggioranza, sa che avremmo fatto delle foibe?»