Al voto senza indicazione dei due leader

Alla vigilia del referendum abrogativo della legge 40 in materia di procreazione medicalmente assistita il «silenzio d'oro» è quello dei leader dei due schieramenti politici: Romano Prodi da una parte, Silvio Berlusconi dall'altra, che non hanno ancora reso noto (e probabilmente non lo faranno) il loro pensiero sulla materia. Di uno (Prodi), si sa che domani entrerà sicuramente nell'urna, ma non è dato sapere cosa farà. Silenzio completo, invece, sul fronte opposto, anche se i due, sono in buona compagnia. Carlo Azeglio Ciampi, rispettoso del suo ruolo di Presidente della Repubblica voterà, ma non farà dichiarazioni pubbliche. E ieri anche il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo ci ha tenuto a far sapere che «è meglio che ognuno le sue convinzioni non le dica. Io non le dico mai». D'altronde come biasimarli. Chi ha parlato prima di loro non ha certo fatto una bella fine. Gianfranco Fini, ad esempio, ha scontato e sconterà, soprattutto all'interno del suo partito e non solo, il peso dei suoi tre sì e un no. Francesco Rutelli, nonostante 90 minuti di conferenza stampa per spiegare che astenersi è più ragionevole, è stato tacciato di movimenti neocentristi. Marcello Pera e Pier Ferdinando Casini, anche loro convintamente schierati pro astensione, sono finiti sulla «graticola radicale» accusati di aver violato il confine che separa il pensiero personale dalla carica istituzionale. Così un po' per opportunità (o opportunismo politico) un po' per necessità Prodi e Berlusconi hanno deciso per il low profile. In realtà nel caso del leader dell'Unione la cosa ha assunto contorni politici solo dopo la discesa in campo di Francesco Rutelli. I due come si sa, ultimamente, hanno intrapreso strade divergenti e quindi non è strano che, anche sul tema del referendum, si siano mossi in antitesi. Ieri però, il Professore ha voluto mettere fine a questa telenovela. «È accaduto così - ha detto affidando il suo pensiero ad una nota -: il mio silenzio e il silenzio di mia moglie sono stati strumentalizzati. Come temevo i veleni gettati in questa campagna referendaria hanno oltrepassato ogni livello di guardia. Neanche il silenzio è stato rispettato. Per parte mia ho solo confermato che parteciperò al voto guidato dal mio essere cittadino ed esprimerò nel voto le mie intenzioni morali e religiose». Parole che hanno incassato il consenso del segretario Ds Piero Fassino più interessato alla forma che al contenuto. «Credo che più che su come si voterà sia importante dire che si voterà - ha dichiarato Fassino interpellato da Radio Repubblica -. Ha fatto bene Prodi a dire che lo farà e anche il presidente Ciampi ha dato un segnale preciso, importante in questo senso». Ma non hanno convinto un altro diessino, Valdo Spini. «È giusto e coraggioso che ogni leader politico annunci apertamente le sue intenzioni di voto per tre ragioni: si deve dare una prova di trasparenza; la mobilitazione per il voto ci sarà se si fa capire perchè si va a votare; si deve modificare una legge assurdamente restrittiva». Dalle parti del Presidente del Consiglio, invece, la situazione sembra essere leggermente più calma. Berlusconi, dicono alcuni dei suoi, sarebbe più incline all'astensione, ma non parla per due ragioni: da un lato vorrebbe evitare di entrare in aperto e pubblico conflitto con sua moglie che, da tempo, si è schierata dalla parte del sì, dall'altro (ricostruzione smentita da Bonaiuti) avrebbe ricevuto esplicita richiesta da parte dei vescovi che preferirebbero che, questa volta, il Cavaliere non scendesse in campo. Il rischio che la Cei vorebbe scongiurare è che, con una dichiarazione di voto del premier, il referendum si trasformi in una consultazione contro Berlusconi spalancando le porte ad un risultato negativo. Nel dubbio, comunque, «il silenzio è d'oro».