Castelli attacca il Csm, Rognoni non ci sta

e il vice presidente di Palazzo dei Marescialli, Virginio Rognoni, gli replica a muso duro richiamandolo al «doveroso rispetto» istituzionale. Tra Castelli e le toghe si consuma un nuovo scontro, stavolta sull'organo di autogoverno dei giudici, che, secondo i magistrati, il ministro sta delegittimando. E a tenere alta la tensione contribuisce anche la decisione del Guardasigilli di promuovere l'azione disciplinare nei confronti dei pm milanesi che si sono occupati del processo sui bilanci della Fininvest: «Mi ha incuriosito la rilevante quantità di una parcella da 5,3 miliardi di lire più Iva». L'Anm nota la coincidenza tra le iniziative di Castelli e le inchieste giudiziarie a carico del premier e dalle correnti c'è chi si spinge ad accusare l'esponente del governo di operare fuori dalla Costituzione «perseguitando» la procura di Milano. Ad accendere la miccia delle polemiche è però l'intervento che Castelli fa a Milano a una tavola rotonda sul tema «Se il manager compie reato». Il ministro manifesta preoccupazione sui possibili eccessi nell'applicazione, da parte dei magistrati, del decreto legislativo 231 del 2001 che dà attuazione a una direttiva Ue anticorruzione e che può portare anche al commissariamento di aziende. «La totalità dei magistrati è deontologicamente, eticamente e politicamente pronta a manovrare questa immensa leva di potere?», si chiede il ministro, che subito dopo sferra l'attacco all'organo di autogoverno dei giudici: «Io credo che il Csm non sia, in questo momento, un organo in grado di custodire i custodi». La replica più dura arriva in serata dal vice presidente del Csm,che contesta i dubbi del ministro sulla professionalità della magistratura ma soprattutto respinge «nella maniera più netta» l'accusa di inadeguatezza al Csm nel gestire l'autogoverno dei magistrati; un «compito certamente difficile - sottolinea Rognoni in una nota - che, proprio per questo, a livello istituzionale,dovrebbe ricevere doveroso rispetto, salvo che non si voglia imporre dei "guardiani" ai magistrati, nel compito loro di custodi della legalità».