Casini: «L'aborto non è in discussione»
Il principale inquilino di Montecitorio: «Se si è a corto di argomenti se ne inventano dei finti»
La dichiarazione pronuncita lunedì («La vita che nasce non si può manomettere») è stata ieri oggetto dell'attacco dei referendari. Il primo è stato il leader dello Sdi Enrico Boselli che, dalle pagine del Corriere della Sera ha accusato: «Se il Papa dovesse entrare in maniera ancora più diretta nella politica italiana sarebbe peccato». Il capogruppo del Prc alla Camera Franco Giordano ha subito espresso la propria preoccupazione per il modo in cui «il Papa entra sistematicamente nella vicenda politica italiana». Silenzio da parte dei Ds, ormai sempre più impegnati per il rush finale. A far quadrato intorno a Benedetto XVI sono stati soprattuto i cattolici di entrambi gli schieramenti. «Il Papa - è stata l'argomentazione più ricorrente - ha tutto il diritto di esprimersi su questi temi: se non di questo, di che altro dovrebbe parlare?» La pensa così, ad esempio, l'ex-ministro di An Maurizio Gasparri. «È assolutamente naturale - ha detto - il coinvolgimento non solo del mondo cattolico, ma anche della Chiesa in una discussione che attiene ai valori della vita». Ma è della stessa opinione anche il capogruppo dell'Udeur al Senato, Mauro Fabris, che, con Clemente Mastella, ha rimbrottato il presidente dello Sdi: «Boselli è libero di non credere, ma non pretenda che il Papa non faccia il Papa». Me, mentre lo scontro tra astensionisti e fautori del sì, si fa sempre più aspro anche il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini è tornato sulla questione. Soprattutto per cercare di fugare i dubbi che un fallimento del referendum possa avere come diretta conseguenza la riapertura del dibattito sulla legge 194 sull'aborto. «La questione della legge sull'interruzione di gravidanza - ha attaccato Casini - è un tipico esempio di disinformatia». «Quella - ha osservato - è una legge dello Stato e non è in discussione, nessuno propone di abrogarla. Evidentemente se si è a corto di argomenti se ne inventano dei finti...». Una replica a scoppio ritardato al monito del ministro per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo e del leader dei Ds Piero Fassino che in questi giorni, a più riprese, hanno lanciato l'allarme sull'ipotesi che il vero obiettivo del fronte astensionista sia la legge sull'aborto. L'uscita di Casini, sommata al discorso del presidente del Senato Marcello Pera sul «risveglio religioso che in Europa coinvolge anche i laici», ha fatto andare su tutte le furie i referendari. I radicali si sono rivolti direttamente a Ciampi. «Il presidente della Repubblica - è stato l'appello di Daniele Capezzone - ponga un limite alle scorrettezze istituzionali dei presidenti delle Camere». «È giusto che il presidente della Camera - gli ha fatto eco Ugo Intini dello Sdi - esprima le sue posizioni ma non è bello che polemizzi in modo così aspro, perchè non ha un ruolo polemico bensì istituzionale». E critiche a Casini, mentre il fronte del non voto ribadisce compattamente che la legge 194 non è in discussione, sono arrivate anche dal Dl Pierluigi Mantini («la predicazione astensionista dei presidenti di Camera e Senato è gravissima») e da Gianfranco Rotondi della Dc («non si capisce il doppio peso dei politici cattolici del nostro tempo: si indignano per l'embrione che è già vita e recintano con filo spinato la intoccabile legge sull'aborto»). Intanto è già battaglia su quello che i referendari hanno ribattezzato il «battiquorum». Dopo l'uscita dei giorni scorsi di Emma Bonino, che si era detta «fiduciosa» sul raggiungimento della soglia, ieri Capezzone ha fatto sapere che «il quorum è a un passo». Il capogruppo Udc alla Camera e presidente del comitato «Non votare!», Luca Volontè, ha lanciato l'idea che i dati sull'affluenza ai seggi non vengano comunicati finchè le urne non saranno chiuse. «Confidiamo per questo - è stato il suo appello - nella saggezza dei responsabili del Viminale perchè ogni comunicazione sui votanti danneggerebbe e favorirebbe al tempo stesso una parte dell'elettorato».