«L'uomo non usi la scienza contro la morale»
Poi l'appoggio verso l'impegno della Chiesa nel chiarire il fondamento della dignità della vita umana «dal concepimento alla morte naturale». Sono i due spunti principali contenuti nella lettera scritta in francese da Benedetto XVI al cardinale Jean-Louis Tauran, ieri oratore principale in occasione del colloquio all'Unesco di Parigi su cultura, religione e libertà. Un evento, quello parigino, che ricorda il venticinquesimo anniversario della storica visita di Giovanni Paolo II all'Unesco, il 2 giugno 1980. Mobilitare le energie dell'intelligenza affinché sia garantito, specie nei paesi più poveri, il diritto all'educazione e alla cultura, è dunque l'auspicio di Benedetto XVI che nella lettera ricorda l'esempio straordinario di Giovanni Paolo II in favore dell'uomo, della sua dignità fondamentale, fonte di diritti inalienabili. Dopo le parole scritte da Benedetto XVI, lo scorso 23 maggio, ai vescovi spagnoli in difesa della vita umana, dopo l'appoggio deciso del Pontefice, lo scorso 30 maggio durante l'udienza concessa ai vescovi italiani, al lavoro svolto dai vescovi stessi e dal cardinale Ruini, presidente della Cei, in merito al prossimo referendum sulla fecondazione assistita, ecco le parole scritte a Tauran, a ribadire ancora una volta quale sia la posizione del Papa in materia di difesa della vita e, soprattutto, quale sia l'importanza che il Papa stesso attribuisce a tale difesa. «In un mondo sempre più sottoposto alle esigenze della mondializzazione — si legge nella lettera pontificia — la Chiesa offrirà, nell'annuncio del Vangelo, il suo contributo alla comunità umana, ribadendo con forza il legame tra ogni uomo e il Creatore». È un impegno, quello proposto dal Papa, che implica «la difesa della dignità dell'essere umano, dal concepimento alla morte naturale». «La Chiesa — ribadisce Benedetto XVI — rinnova la fiducia negli intellettuali impegnati nella sfida esaltante della ricerca della verità». E ancora, «la Chiesa cattolica continuerà a mobilitare tutte le proprie forze, che sono soprattutto di natura spirituale, per concorrere al bene dell'uomo in tutte le dimensioni del suo essere». Anche Giovanni Paolo II, nell'intervento di venti anni fa, mise al centro l'uomo, nel tentativo — disse — «di portare la mia modesta pietra all'edificio dell'Unesco». Proposito che riuscì in pieno, tanto che in molti considerano quel discorso quasi un secondo atto costitutivo dell'Unesco. «L'avvenire dell'uomo — disse Wojtyla — dipende dalla cultura. Sì, la pace del mondo dipende dal primato dello spirito. Sì, l'avvenire pacifico dell'umanità dipende dall'amore». Un appello vibrante. Fu sempre il 2 giugno del 1980 che Giovanni Paolo II lanciò un allarme sui pericoli per l'uomo derivanti dall'uso della scienza per fini contrari alla morale. Parole che venticinque anni dopo suonano di straordinaria attualità. E d'altronde, in tutto il suo pontificato, Giovanni Paolo II ha sempre sottolineato che la cultura è uno strumento per la promozione della pace, del dialogo e della comprensione fra i popoli.