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Crescono i patrimoni ma solo di chi ha già soldi

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I sindacati, si sa, battono il tasto da tempo sulla questione delle rendite finanziarie e immobiliari sostenendo la necessità di una loro tassazione. Ma a quanto ammonta il patrimonio delle famiglie italiane? Ieri a fare il punto su patrimoni e redditi in Italia è stato il Censis. L'istituto di ricerca rileva come i patrimoni familiari nel Paese siano cresciuti e si siano consolidati ma il fenomeno è limitato a una minoranza delle famiglie italiane ed è concentrato negli strati sociali caratterizzati già da elevati livelli di reddito. Dalla metà degli anni '90 a oggi la ricchezza netta delle famiglie - costituita da attività reali e finanziarie al netto dei debiti - si stima sia cresciuta mediamente del 5% annuo, attestandosi a 7.700 miliardi di euro. All'incremento della ricchezza hanno contribuito, specialmente negli ultimi anni, sia l'aumento del valore dei cespiti patrimoniali sia l'apprezzabile crescita del flusso di risparmio. Il fenomeno di accelerazione dei processi di patrimonializzazione delle famiglie, apparentemente inconciliabile con l'attuale fase di perdurante bassa congiuntura registrata nel Paese, si spiega in realtà con una considerazione. La crescita più eclatante dei patrimoni privati, - sottolinea il Censis - riguarda solo una quota molto contenuta delle famiglie italiane. L'incremento più accentuato delle attività finanziarie detenute dalle famiglie si è registrato tra il 2002 e il 2003 (+6%), in concomitanza con il rallentamento dei consumi proseguito negli anni successivi, cui è corrisposto un aumento di circa il 4% delle attività, soprattutto liquide, messe da parte dalle famiglie. Parallelamente alla crescita delle consistenze delle attività finanziarie, gli ultimi anni sono stati testimoni dell'aumento del peso delle attività liquide (moneta e depositi) rispetto al portafoglio complessivo delle attività finanziarie delle famiglie. Se nel 1999 il contante e i depositi costituivano il 20,6% del totale delle attività finanziarie, attualmente essi rappresentano il 26%. È probabile - rileva il Censis - che l'aumento degli strumenti liquidi sia il risultato dell'attendismo che ormai caratterizza i comportamenti di spesa di vasti strati delle famiglie italiane, propense a procrastinare le spese più impegnative e a risparmiare. La propensione al risparmio è tornata a crescere negli ultimi anni, passando dall'11,2% del 2002 al 12,7% del 2003.

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