Rai, veto di Prodi su Petruccioli. È rottura sul dg
Di Claudio Petruccioli presidente della Rai non se ne parla. E ieri mattina la decisione è stata comunicata direttamente ai Ds che ne hanno preso atto. «E per dovere di coalizione e senso di responsabilità abbiamo accettato», spiega un esponente molto vicino al segretario dei Ds Piero Fassino. Contenta invece la sinistra Ds che proprio ieri, attraverso l'associazione Articolo 21, vicina all'uomo Rai di via Nazionale Beppe Giulietti, aveva chiesto come condizione «nessuna nomina di esponenti politici, parlamentari, uomini di partito»: dunque nessun Petruccioli e nessun Urbani. Dunque, il candidato dell'Unione alla presidenza della Rai resta Piero Gnudi. Bolognese (una caratteristica che comincia ad essere fondamentale quando si tratta di nomine), grande amico personale di Romano Prodi (di recente ha ripreso a frequentare casa sua) e promosso da Berlusconi: prima alla guida di Enel e poi di Rai holding prima dlela fusione con la spa. Insomma, il candidato perfetto per tutti i gusti al punto da mettere senz'altro d'accordo i leader dei due poli. Ma non i Ds, come detto, e non la Margherita di Francesco Rutelli. Prodi non sembra curarsene troppo e pare abbia fatto capire di aver già chiuso con Gianni Letta, il plenipotenziario di Silvio Berlusconi. Se, dunque, si intravede una schiarita sulla principale carica della nuova Rai sembra tutto in alto mare la trattativa sul direttore generale. Prodi avrebbe lasciato pieno mandato alla Cdl di individuare un nome per la gestione dell'azienda. Chi? L'Udc spinge per Alfredo Meocci, membro dell'Authority delle Tlc. Forza Italia non sarebbe contraria, An sì e spinge per un altro nome senza però farlo. L'accordo non c'è. E ciò significa che oggi si andrà incontro ad un rinvio del voto in commissione di vigilanza Rai ed è anche assai probabile, vista l'aria che tira, che si vada incontro a uno slittamento alla prossima settimana. Sempre che non si trovi all'ultimo secondo un'intesa che al momento è da escludere. I tempi dilatati e la trattativa ancora lontana sembra suggerire di non escludere altre ipotesi delle quali pure si era parlato, come la presidenza a un Udc gradito alla sinistra (Marco Staderini) e un direttore generale caro all'Unione e che non dispiace la destra (tipo Gianni Minoli). Per il resto, il puzzle del cda è quasi completo. I tre nomi del centrosinistra (Nino Rizzo Nervo, Sandro Curzi e Carlo Rognoni) sono noti da tempo. nella maggioranza c'è ancora molto da discutere e l'unica certezza al momento sembra il candidato di An, Gennaro Malgieri. Mancano all'appello le altre tre caselle dei consiglieri, e neanche quella della Lega, data per decisa da molti, sembra così sicura nonostante il Carroccio dica da tempo che sulla scelta del suo consigliere non c'è problema. Ma, che sia Ettore Adalberto Albertoni o Antonio Marano, la Lega avrà il suo consigliere in Cda. Piuttosto il primo problema politico riguarda il ruolo di Forza Italia e Udc all'interno del Consiglio, che resta legato al braccio di ferro tra le due componenti della maggioranza sulla totalità del vertice.