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Rutelli blocca il «valzer» della Rai

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Accordo lontano per il nuovo cda. La Margherita vuole scegliere anche il direttore generale

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Anche la riunione della commissione di vigilanza sulla Rai di domani rischia di andare di nuovo a vuoto. Rischia perché le doti diplomatiche dei mediatori hanno risorse nascoste e dunque la situazione si potrebbe sbloccare. Potrebbe. Quella che si apre quindi è una settimana decisiva su vari fronti. E tutte sulle nomine. C'è la partita Rai, d'accordo. E ci sono anche quelle di Poste, Eni, Enel. Per non parlare poi delle controllate. Insomma, è in arrivo un discreto giro di poltrone, di quelle che contano nelle aziende pubbliche. Fuori da questa partita, poi, c'è quella per la scelta di due giudici costituzionali. Anche se per questi si tratta comunque di un dossier collegato agli altri. Per tutti, infatti, si sta esaminando la possibilità di procedere con un metodo bipartisan, condiviso dalle parti. Un metodo che di fatto impone l'intesa tra i due poli. Un metodo che è stato applicato in due recenti nomine. Nel caso del presidente dell'Authority delle Telecomunicazioni, per esempio, è stato scelto Corrado Calabrò, un magistrato gradito alla sinistra e non sgradito a Berlusconi. Per il Garante della Privacy si è andati oltre, scegliendo un prodiano di stretta osservanza come Francesco Pizzetti. Una novità assoluta (almeno da quando in Italia vige il bipolarismo) quella di procedere alla nomina condivisa o addirittura alla nomina ceduta all'opposizione. La partita più complicata comunque resta quella della Rai. Gianni Letta, per conto di Berlusconi, e Romano Prodi aveva già raggiunto un'intesa di massima per la più grande azienda culturale del Paese: un presidente gradito al centrosinistra e un direttore generale gradito al centrodestra. E su questo schema l'ipotesi che sembrava più accreditata era il duo Claudio Petruccioli (Ds)-Alfredo Meocci (Udc). Ma a fermare l'intera trattativa è soprattutto il leader della Margherita Francesco Rutelli che continua ad insistere: anche il direttore generale deve essere «di garanzia». In altre parole anche la gestione dell'azienda pure dovrebbe essere affidata al centrosinistra. Se la Cdl dovesse dire di no, gli scherpa del centrosinistra hanno fatto sapere che sono pronti a bloccare tutto. E possono farlo visto che quest'anno entra in vigore il meccanismo di nomina previsto dalla legge Gasparri e, quindi, per eleggere il presidente sarà necessario raggiungere i due terzi dei voti della commissione di vigilanza. Senza intesa, in altre parole, si ferma davvero tutto. E per ora si sono fermate le trattative perché al diktat di Rutelli è difficile dare una risposta. Ecco perché nella maggioranza non si nutrono particolari ottimismi di giungere entro domani a un'intesa. Anzi, la tattica del centrodestra è quella di lasciare la palla nel campo del centrosinistra e vedere che succede. Prevarranno coloro che preferiscono comuque un accordo o coloro che invece pensano sia meglio non toccare nulla? Questi secondi, inoltre, fanno notare che comunque sarebbe preferibile per l'Unione aspettare le elezioni politiche. Il cda infatti resta in carica tre anni: in caso di vittoria del centrosinistra, il futuro ed eventuale governo Prodi si troverebbe una Rai governata ancora dalla destra per altri due anni.

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