LE MOTIVAZIONI
Le sanzioni per le violazioni del diritto societario però devono restare dissuasive e quindi dure. È questo, in un'estrema sintesi, il senso della complessa sentenza pronunciata a Lussemburgo. Corte tace su legge italiana. La Corte, innanzitutto, ha evitato di dare una valutazione sulla compatibilità fra la direttiva comunitaria e la nuova norma italiana. I giudici di Milano avevano in sostanza chiesto alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità delle nuove norme italiane del 2002 sul falso in bilancio che, grazie al declassamento di questo delitto a mera contravvenzione, avevano permesso al Berlusconi-imprenditore di stralciare la propria posizione dal processo Sme nel quale poi è risultato assolto con varie formule. La mitezza è ormai legge. La sentenza, si sottolinea nel comunicato della Corte, «conclude» però che una direttiva europea «non può essere invocata» per «aggravare la responsabilità penale degli imputati»: insomma, «il principio dell'applicazione retroattiva della pena più mite fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri dell'Ue». Le sanzioni siano dissuasive. In un'altra sottolineatura del comunicato della Corte di Lussemburgo si stabilisce che il regime sanzionatorio si applica «non solo alla mancata pubblicazione» di bilanci «ma anche alla pubblicazione» di testi «falsi», come sostenuto dai giudici di Milano. A questo proposito, viene aggiunto, la Corte nota che gli stati dell'Ue - «pur conservando la scelta» delle sanzioni da comminare - «devono» letteralmente «vegliare» affinchè esse siano «adeguate», ossia «effettive, proporzionali e dissuasive».