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Lotta intestina alla destra per conquistare il Cavallo

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L'ex titolare el dicastero di Largo Brazzà butta acqua sul fuoco della Cdl (e di An) nel salotto Sky di Maria Latella, e getta le basi del nuovo partito della Libertà, ma i suoi compagni sembrano andare nella direzione opposta. Non perdono tempo, e insinuano dubbi sul suo operato. Criticano e colpiscono il compagno di partito autore della legge in vigore. Gli smontano il suo operato. Il neoministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi, ha spiegato che il sistema di nomina per il nuovo Cda Rai - previsto dalla Gasparri - non gli piace, e che avrebbe preferito un «meccanismo diverso e con una minore presenza dei partiti». Una presa di posizione applaudita dalla sinistra, non certo da Gasparri. «La necessità di un'intesa di cui in questi giorni si parla per la scelta del nuovo presidente della Rai - ha replicato con una nota - non è frutto di una libera volontà dei partiti ma della legge di riforma del sistema radiotelevisivo. Oggi - ha continuato Gasparri - tutti coloro che si fanno sostenitori di un'intesa farebbero bene a ricordare che è la legge Gasparri a prevedere una nomina concordata da maggioranza e opposizione del presidente. Un merito di cui ne sono orgoglioso». Passando alla privatizzazione della Rai, Landolfi ha assestato un secondo colpo all'«amico» Gasparri: «La situazione è complessa, parliamo di un'azienda particolare. Bisogna agire con la dovuta cautela». Ma chi è che aveva troppa fretta e che evidentemente non ha preso le dovute cautele? La frenata di Landolfi sulla privatizzazione è evidente. E già in precedenza aveva espresso questa idea in maniera più soft. Figuriamoci, poi, sulla quotazione in Borsa, sulla quale Gianfranco Fini ha sempre nutrito perplessità fortissime. A chiudere il cerchio, poi, ci ha pensato ieri il ministro Gianni Alemanno. Uno che di Rai non si è mai occupato in questi anni e che ora all'improvviso ha dichiarato: «Ha fatto bene Landolfi a fermare i meccanismi della privatizzazione del servizio pubblico».

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