IL NUOVO sogno di Silvio Berlusconi si chiama «partito unico del centrodestra».
Un soggetto in cui confluiranno «tutti coloro che si oppongono alla famiglia del centrosinistra». Conversando con i giornalisti in Transatlantico dopo la fine della discussione sulla fiducia al nuovo governo, il premier si è detto convinto che la Cdl «riuscirà a varare questo grande nuovo soggetto politico». «Sono convinto che ci sarà — ha detto Berlusconi —. Auspico che possa esserci». Il nome è già pronto: il Partito delle libertà, e non sarà, come molti auspicano, la «casa italiana» del Ppe. «Stiamo lavorando ad un partito unico che sicuramente sarà iscritto al Partito popolare europeo — ha sottolineato il Presidente del Consiglio —. Non per questo dobbiamo fare la sezione italiana del Ppe». Lo sguardo sembra essere rivolto oltreoceano, all'esperienza dei Repubblicani americani. «Tutti i moderati rispettosi delle tradizioni del paese — ha ricordato il Cavaliere — stanno in un'unica formazione, nel Partito Repubblicano, nel quale ci sono tante posizioni trasversali su vari temi. Però, nonostante questo, c'è il massimo della libertà e tutti ragionano sempre con la propria testa». Non una nuova Dc, quindi, ma un grande partito dei «moderati italiani» con due correnti: una del Nord e una del Sud. Tuttavia, qualora permanesse la divisione, Berlusconi ha fatto sapere che anche la sua leadership verrebbe meno. Un aut aut che è stato accolto con differente entusiasmo dai partiti della Cdl. In Forza Italia, ovviamente, tutti compatti. Da Bondi a Pisanu, da Cicchitto a Tremonti, nessuno si è lasciato sfuggire l'occasione per sottolineare la portata rivoluzionaria dell'iniziativa. «L'idea di una formula politica che superi il presente per proiettarsi nel futuro, mi sembra giusta — ha detto il vicepremier —. L'idea del partito unico lanciata dal Presidente del Consiglio è un'idea su cui lavorare fin da oggi, penso che da qui alle prossime elezioni sia possibile arrivare ad una formula nuova». Critico, invece, l'Udc, che preferisce non sbilanciarsi nascondendosi dietro lo «scudo» del Ppe. «Anch'io scruto l'orizzonte — ha detto il segretario Marco Follini —. Ma so che prima viene l'identità e poi la forma, prima il progetto e poi gli uomini, prima i contenuti e poi i contenitori». Per il neo ministro dei Beni Culturali Rocco Buttiglione sarebbe più utile portare in Italia «il Partito Popolare Europeo: un partito con una identità precisa». Un secco «no» arriva dal capogruppo centrista alla Camera Luca Volontè secondo cui «l'idea del partito unico di fatto è già stata bocciata dagli elettori sia di centrodestra che di centrosinistra». Più disponibile, al contrario, il ministro Mario Baccini secondo cui dell'ipotesi si dovrà discutere nel prossimo congresso Udc. Un'apertura arriva anche da Alleanza Nazionale e se Gianfranco Fini ha parlato di «un'ipotesi tutta da costruire», il vicepresidente vicario Ignazio La Russa ha chiaramente detto che, già per le politiche del 2006, «non è impossibile» arrivare alla costituzione del nuovo soggetto. D'accordo anche Gianni Alemanno anche se per il ministro «il partito unico può essere la fine positiva del berlusconismo». «La fine negativa — ha detto Alemanno — sarebbe la dissoluzione della Casa delle Libertà, una fine positiva porterebbe alla strutturazione di un soggetto politico che potrà camminare con le proprie gambe, senza bisogno di un leader carismatico». Unico «dissidente» il ministro per gli Italini all'Estero Mirko Tremaglia convinto che «i partiti dovrebbero mantenere chiara la propria identità e i propri valori». Più che di partito unico quindi, secondo Tremaglia, si dovrebbe parlare di «confederazione». Resta alla finestra la Lega più legata alle sua peculiarità distintive. Anche se per Roberto Maroni, pur rimanendo «forti perplessità», è una proposta di cui si può ragionare «con calma». E in giornata è arrivato addirittura l'apprezzamento di Antonio Di Pietro ch