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E Rutelli avverte: «No al listone unico»

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Gli «autonomisti»: «Con l'Udeur siamo arrivati anche al 25%. Solo noi calamitiamo i voti dei delusi»

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E riesplode così lo scontro tra Prodi e Rutelli. L'ex sindaco mette le mani avanti e con la scusa della «moratoria» cerca di prendere tempo per poi magari far cadere l'ipotesi della lista unitaria. Nessuna polemica plateale, come accaduto in passato, da parte del leader Dl nei confronti del candidato della coalizione, ma non v'è dubbio che Rutelli, con la sua proposta di dare uno stop alla discussione sulla lista unitaria approvata a maggioranza dalla direzione del partito, ha riacceso anche il confronto interno tra prodiani e rutelliani, sul «no» al Listone. Infatti la moratoria, per una Margherita che si sente rinvigorita dall'ultimo exploit di Cacciari a Venezia e dal flusso di scontenti che in fuga dai centristi di destra si rifugiano nel loro cuore riformista moderato, può solo essere una scusa per attendere i risultati di Catania e della Sardegna, il referendum e poi dire addio al Listone. Così infatti si è svolta la discussione nel corso della direzione dell'altra sera. Con i prodiani come Parisi, Monaco, la Bindi, D'Antoni e Castagnetti da una parte a ridimensionare la scelta della moratoria considerandola una semplice «pausa di riflessione» che non mette assolutamente in discussione la leadership di Prodi e la possibilità di correre tutti insieme alle politiche, e i rutelliani di ferro, come Realacci, Carra, Vernetti e Lusetti, dall'altra, intenzionati a lasciare l'eventualità di mettersi in pista da soli e vincere dimostrando così la propria autonomia rispetto ai diessini e alla sinistra radicale. Insomma, il messaggio di Rutelli al resto del centrosinistra è chiaro: siamo la vera e unica calamita dei centristi di destra, che con noi stanno sicuri di non fare un salto nel buio: quindi possiamo ancora crescere al punto da correre da soli. Sottolinea al proposito Carra: «La moratoria ci servirà per riflettere sui dati del voto complessivo del centro del centrosinistra, cioè noi e l'Udeur. Siamo arrivati al 20%, al 25% in alcune regioni. E questo è un dato di fatto. La Margherita attrae i voti dell'elettorato «scontento» del centrodestra e siamo all'inizio. Vedremo che cosa succede. Parisi e gli altri non sono d'accordo? Si tratta di divisioni concettuali...». Secondo Realacci la «riflessione dovrebbe essere comune. Bisogna meditare come abbiamo fatto sulle primarie. Passato questo momento difficile ci saranno i risultati di Catania e delle Sardegna e poi il referendum... Poi una riflessione seria». Più deciso è Renzo Lusetti che non da assolutamente «per scontata la vittoria del centrosinistra alle politiche». E per Lusetti c'è da «tenere conto anche delle decisioni del centrodestra sul "partito unico", prima di una scelta della Margherita sul Listone». «Tutto dipenderà dal quadro politico - aggiunge il deputato - anche se il leader resta Prodi, il successo della Margherita e la sua autonomia rispetto alla sinistra diessina o più radicale, sono comunque realtà con cui fare i conti». Il prodiano Castagnetti cerca di mediare il più possibile, affermando che nel corso del direttivo del partito «si respirava un'aria di serenità», questo perché alle regionali «ha vinto la Margherita, ma anche l'Ulivo». «Nessuno di noi ha messo in discussione la leadership, anche se, al contrario del centrodestra, non abbiamo l'obiettivo del partito unico - aggiunge - Ci sono differenze obiettive, ma se noi abbiamo raccolto ottimi risultati, non è così per tutte le forze della coalizione...». Sottolinea il risultato elettorale anche D'Antoni, per il quale però questo significa che «la federazione può partire senza rischi di annessione di un partito sull'altro». Non a correre da soli «sganciati» dal Professore. Così, secondo lui «è giusto che questa moratoria serva solo a valutare la situazione per scegliere la via da seguire». Convinto che questa «moratoria» debba «sciogliersi» in fretta è Franco Monaco, vice capogruppo della Margherita alla Camera, il quale dà come

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