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Il ministro: «Sì a formule che integrino l'opera di Fini»

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La prima è la sfida del cambiamento, dando centralità alla «contestazione del sì», rilanciando le riforme. La seconda è la centralità per l'economia sociale di mercato: «La socialità è partecipazione, è dialogo». La terza è la politica estera, con la riscoperta dell'Italia cuore del Mediterraneo. La quarta, i valori cominciando dal no ai referendum sulla fecondazione assistita. Per Gianni Alemanno, leader di destra sociale e ministro delle politiche agricole, sono le quattro direttrici per recuperare il divario tra Fini gradito al 52% dagli elettori e An, che piace «solo» all'11. Ministro, partiamo dal passato. Per lei dieci anni fa la fondazione di An ebbe anche complicazioni umane visto che suo suocero Rauti andò via. Che ricordo ha? «Furono giorni drammatici ed esaltanti, è vero. Ma la strada era segnata e non potevamo tornare indietro». Qual è la sua «fotografia» di quei momenti? «Quando andai all'Ergife alla prima riunione dei comitati di An. C'erano tanti democristiani, cattolici: ci accorgemmo che le distanze tra noi erano molto minori di quelle che ci aspettavamo». E oggi An che partito è? «È la destra sociale, è il partito della partecipazione, del dialogo. E sarà il partito che farà pesare di più queste istanze nel governo del Paese». Ma perché non si è riusciti a dare sufficiente spazio alla destra? «Guardi, c'è destra nel governo. Ce ne deve essere di più. Cosa ci ha frenato? Giocare di rimessa». Di rimessa? «Inseguire Tremonti, arginare le spinte liberiste. Ora questa fase è finita, tanto è vero che Fini può rilanciare il modello del Patto per l'Italia». Ripartirà la competizione con Forza Italia? «Questa competizione la vedete soprattutto voi. C'è, ma non è così esasperata come la racconta il suo giornale». Che futuro si aspetta per An? «Penso che dobbiamo aprire le nostre sedi, andare oltre An. E aprire anche nuove sedi, aggregare nuovi settori della società. Penso al modello della Lista Storace, con nuovi soggetti che entrano in vista delle elezioni. Poi dopo, con questi, sarà possibile costruire un progetto più ampio. In fin dei conti, se vuole, fu così anche per la nascita di An». In che senso, scusi? «Nel senso che nel passaggio tra Msi e An entrarono nel nuovo soggetto forze nuove. Dobbiamo recuperare quello spirito, propulsivo e fortemente aggregante». Ma tra dieci anni ci sarà ancora questo partito? «Spero che diventi un soggetto più allargato, più aperto». Nel frattempo, nel 2006, celebrerete il congresso. È iniziata la guerra di successione? «Nessuna guerra, sarà un momento fortemente unificante. E poi non vedo nessuna successione intanto perché perché non sono affatto certi gli approdi istituzionali di Fini che tutti ci auguriamo». Non ci sarebbe nessuno scandalo che qualcuno entro An si attrezzi per quel momento... «È vero, dobbiamo pensare anche a formule che integrino il ruolo del presidente. Magari con un segretario politico». In questi due giorni ha incontrato la base. Come l'ha trovata? «All'inizio un po' freddina. Poi, via via che si è cominciato a parlare di politica s'è sciolta. Dovremmo vederci più spesso, riunendo più spesso l'assemblea nazionale del partito. La base ha voglia di partecipare, di costruire politica». F. D. O.

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