Partito unico della Cdl, Berlusconi tenta Fini
Il leader di An dice sì ma con cautela: «Tempo al tempo, ma se lo fanno a sinistra anche noi agiamo»
Fini dice sì ma frena. Follini dice né ora né mai. Fa discutere la proposta del partito unico del centrodestra. Il premier coglie le aperture di Fini come una palla al balzo e rilancia: «Il partito unico è da sempre nelle mie speranze. Mi fa piacere che Fini ne abbia parlato. Vedremo cosa succederà in futuro», spiega il Cavaliere all'Agi. E non è un caso che nella stessa occasione spieghi: «Non ho mai detto di volere il Quirinale. Ogni mia frase viene interpretata maliziosamente ed eccessivamente, non ho mai detto questo». Il premier, dunque, giura fedeltà alla Cdl, fa capire di non avere intenzione di lasciare a breve e anzi lavora per rendere ancora più coesa la coalizione. E se Follini si dice d'accordo in linea di principio ma rifiuta l'approdo scelto: «Per me il partito unico non esiste né oggi né domani. Il dopodomani — aggiunge il leader dell'Udc — come è noto, appartiene più ai progetti che ai militanti politici come me. Comunque è importante che nella maggioranza ci siano coesione e collaborazione. Anch'io lavoro per questo». E Fini? Che cosa dice Fini? Anzitutto chiude alla Mussolini: «Accordi con lei? Impossibili - afferma - visto che la possibilità di crescita della destra radicale è connaturata al rifiuto dei principi e dei valori di una destra moderna». Cosa della quale, per il vicepremier, a giovarsi è soprattutto la sinistra. «Per esigenze tattiche tifano la Mussolini e il neo-fascismo». Per il resto il suo è un percorso a ostacoli. È d'accordo con l'idea, sa che nel suo partito non tutti sono d'accordo. Ma sul fatto che sia favorevole non ci sono dubbi. Anzitutto lo ha affermato proprio lui. In secundis l'ipotesi è stata rilanciata da diversi degli esponenti a lui vicini. Il primo è stato l'intellettuale e deputato Gennaro Malgieri, che ha proposto anche una tappa intermedia come la federazione della Cdl. A cui ha detto sì il portavoce del partito, Mario Landolfi. Si è detto d'accordo il ministro Maurizio Gasparri che è anche il leader della corrente maggioritaria di An. Di parere diverso però è la corrente di destra sociale, che fa capo ad Alemanno e Storace. Tanto che al sito internet destrasociale.org, vicino alla componente, in un sondaggio lanciato di recente, il no al partito unico ha raccolto tre voti su quattro. Ed è forse per questo che Fini, nell'affrontare il tema, procede come un acrobata che cammina sul filo. E spiega: «Se la linea è quella di creare un rassemblement siamo favorevoli, il centrodestra deve lavorare per un ulteriore raccordo, per un ulteriore momento di sintesi». Ricorda che nel 1994 il primo governo Berlusconi durò solo pochi mesi «perché era un semplice cartello elettorale». E dunque, sottolinea che «siamo in un sistema bipolare» e «non si può prescindere da quello che accade anche nel centrosinistra». Per Fini, per questo, se l'attuale opposizione procedesse ancora più speditamente verso una maggiore aggregazione «il sistema bipolare non permetterebbe il confronto tra un partito unico da un lato e un insieme di partiti». Il messaggio sembra rivolto soprattutto al suo interno, visto che Fini sembra dire: se lo fanno dall'altra parte, non possiamo non farlo anche noi. È sul timing (quanti termini in inglese utilizza il Fini ministro degli Esteri: «Un vezzo», confessa) che il leader della destra frena: «Tempo al tempo». E mette le mani avanti a chi si pone obiettivi troppo lontani: «Non facciamo navi in botiglia, belle a vedersi ma inutilizzabili; perfette ma non faranno un tratto di mare». E sposta l'attenzione: il confronto deve essere sui valori. «Abbiamo un programma, siamo disponibili a confrontarci sui valori». Una sintesi, quella finiana, che mette d'accordo tutte le anime del suo partito. E lo si capisce dalle reazioni. Più avanti di tutti (ma non è una novità) si lancia Adolfo Urso, il quale ipotizza addiritttura lo scioglimento di An, Fini premier e Berlusconi al Quirinale. E, come era da immaginarsi, è di tutt'altra impostazione la strategia di Gianni Alemanno: «L'ipotesi di un part