Bossi e Bertinotti padroni dei Poli
Meglio, una lettera indietro. Perché se fino all'inizio degli anni Novanta a condizionare la politica italiana era il fattore "C", e cioé il peso politico di Craxi e del suo psi ora conta solo il fattore "B". E unisce i due poli. I padroni della politica italiana hanno la stessa iniziale del cognome, e in parte lo stesso ruolo. Umberto Bossi nel centrodestra, Fausto Bertinotti nel centrosinistra. Ma il fattore "B" sta davvero terremotando la politica italiana. Sembrava spento nella Cdl. Un po' per la malattia del leader della Lega, un po' per le Idi di luglio, quando l'asse Bossi-Berlusconi sembrava irrimediabilmente spezzato dall'ingresso del fattore "F", e cioè da quell'alleanza fra Fini e Follini che aveva portato alla defenestrazione di Giulio Tremonti. Ma è durata lo spazio di un'estate. Perché con il riassorbimento del leader Udc all'interno del Governo e l'ingabbiamento di Fini al ministero degli Esteri, il fattore "B" ha ripreso il sopravvento anche all'interno del centro-destra. Il potere di interdizione e di condizionamento che Umberto Bossi e Fausto Bertinotti hanno in questo momento rispetto ai leader delle due coalizioni, Berlusconi e Romano Prodi, è tale che qualsiasi altra forza politica appartenente ai poli è stretta in un angolo. Lo si è visto con la liturgia di preparazione alle regionali. Con la Cdl costretta a piegarsi alle condizioni di Bossi e a sacrificare le attese politiche e le ambizioni personali di quel Roberto Formigoni pronto a tornare alla guida della Lombardia. E con il centro-sinistra costretto da Bertinotti al gioco-suicida delle elezioni primarie. Prima arrendendosi a Nichi Vendola in Puglia, e ora lasciando tutto lo spazio all'asse Bertinotti-Prodi che uscirà più rafforzato dalle primarie nazionali. Con i due assi vincenti, nell'angolo sono finiti due grandi partiti che sembrano quasi usciti dal gioco politico di queste settimane. Da una parte Alleanza Nazionale, che si appresta a celebrare questa settimana il decennale della sua fondazione. Dopo il partito del premier è la forza politica più consistente della Cdl. Ma non ha una rappresentanza, nè uno spazio politico pari ai numeri. Un sacrificio che è solo l'ombra di quello sofferto nel centrosinistra dai Ds. Il partito di Piero Fassino non può aprire nemmeno bocca per il bene della cooalizione. È l'azionista di maggioranza, ma deve comportarsi come fosse il partito di Prodi. E alle primarie manco invierà un suo candidato di bandiera. Una linea cui sono costretti i gruppi dirigenti dei due partiti, ma che inizia a creare qualche sofferenza se non maldipancia al loro interno. Come tentiamo di spiegare in queste due pagine...