Il patto Formigoni-premier spacca la Cdl
A riaprire le turbolenze è stata la rivelazione di un patto scritto tra Roberto Formigoni e Silvio Berlusconi che, tra le altre clausole, affida al presidente lombardo la facoltà di scegliere i 16 candidati del listino maggioritario. Clausola questa nettamente in contrasto con le richieste degli alleati, Lega in primis, che vogliono invece inserire propri esponenti in questa lista, specie nelle prime otto posizioni, le uniche a elezione garantita. E mentre si chiude una casella, quella della Basilicata con l'accordo sul nome di Cosimo Latronico, se ne riaprono altre due, la Toscana e l'Emilia, mentre in Campania c'è trepidazione in attesa della risposta dell'ex presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, al quale Berlusconi ha chiesto di candidarsi. Ieri pomeriggio da ambienti vicini a Formigoni è trapelato il testo di un patto scritto tra lo stesso inquilino del Pirellone e il premier. Insomma, tra i due non ci sarebbe stato un semplice gentlemen agreement, ma un vero e proprio contratto scritto, sul genere di quello sottoscritto da Bossi e Berlusconi da un notaio prima delle elezioni del 2001. Cinque i punti: il potere di scelta dei candidati del listino maggioritario; la scritta «per Formigoni» in tutti i simboli dei partiti della Cdl che sosterranno il presidente uscente, Lega Nord compresa; l'entrata di Formigoni nella Consulta di Forza Italia; l'attribuzione di 20 collegi sicuri ad altrettanti «formigones» candidati con Forza Italia nel 2006; il cambio di tutti i coordinatori regionali «azzurri» dopo la tornata di aprile. Un modo questo con cui Formigoni ottiene la testa del suo «grande nemico»: Paolo Romani, coordinatore in Lombardia. La reazione è stata di un gelo polare e imbarazzato nella Cdl. Tutti spenti i cellulari degli esponenti del Carroccio. Il vicepremier Marco Follini ha evocato il vecchio detto «tra moglie e marito non mettere il dito». E da Forza Italia è arrivata una precisazione che parla di «aspetti fantasiosi» del testo diffuso, senza chiarimenti ulteriori. In serata Berlusconi è tornato a Roma e ha preso in mano la «patata bollente». Si sa che lunedì si riunirà di nuovo il tavolo nazionale della Cdl e che martedì il premier ha convocato a Palazzo Grazioli i coordinatori regionali di Fi. A parte il caso Formigoni, il puzzle delle candidature della Cdl non riesce ad essere completato perché, con una sorta di effetto domino, i contenziosi di una regione riaprono quelli di altre. Paradossalmente questo avviene nelle regioni dove il centrodestra andrà incontro a una sconfitta quasi matematica. In Toscana, ad esempio, non si riesce ad arrivare ad un'intesa, perché è stata rimessa in discussione quella a cui si era giunti per l'Emilia Romagna. Originariamente la Toscana spettava ad An e l'Emilia a Forza Italia o Lega. Poi in quest'ultima regione è emersa la candidatura di Tommaso Foti, di An, che ha spostato la Toscana nella casella di Forza Italia, che aveva pensato al sindaco di Grosseto Alessandro Antichi. Ora però la Lega rivendica nuovamente l'Emilia Romagna, e i dirigenti locali di An hanno manifestato la disponibilità a fare un passo indietro, ma non a favore del Carroccio. A questo punto la coordinatrice regionale di Forza Italia, Isabella Bertolini, ha rivendicato per il proprio partito la candidatura. Ma Altero Matteoli, «ras» di An in Toscana, non ha alcuna intenzione di cedere la candidatura a Forza Italia se non ha la sicurezza che Foti correrà in Emilia. Proprio in Toscana gli «azzurri» stanno tentando, con un'iniziativa partita da Roma, un'operazione a sorpresa. È stato infatti chiesto a Stefania Craxi di prendere le redini di una lista laico-socialista che sta prendendo corpo ad opera di esponenti ex socialisti vicini a Lagorio e Cariglia, ma che mirano a correre fuori dalla Cdl. La figlia dell'ex segretario socialista potrebbe anche essere interessata all'operazione, ma solo se candidata alla presidenza della Regione. Cosa che non va giù né ad An né agli esponenti locali dell'Udc. Tuttavia, alcune tessere