Intervista al filosofo ulivista: «Il paragone con il fascismo è sbagliato sotto ogni punto di vista»
Lo pensa il filosofo Massimo Cacciari che parla di «stupidaggine magagalittica». Professor Cacciari, perché intellettuali come il senatore a vita Mario Luzi si perdono in polemiche come queste? «Luzi ha fatto semplicemente una battuta poco appropriata considerato con chi si ha a che fare. Il senatore a vita è inesperto di questioni politiche. Non immaginava che si potesse pensare a qualsiasi suo paragone tra Berlusconi e Mussolini che è inappropriato da ogni punto di vista. Si tratta di una stupidaggine megagalattica. Dal Bosco è un povero deficiente, un perfetto "testa di cazzo" che ha regalato a Berlusconi 10 milioni di manifesti gratuiti, per la sua pubblicità. Il commento da fare era questo. Se si continua così con questi idioti, Berlusconi governerà in eterno. Questa era l'unica cosa da fare». Lei trova delle analogie tra l'attentato del 7 aprile del 1926 contro Benito Mussolini e quello che è accaduto il 31 dicembre a Piazza Navona? «Questa è solo una farsetta da dopospettacolo». Ma Luzi ha accusato Berlusconi di strumentalizzare l'episodio come fece il duce dopo l'attentato di Violet Gibson? «Mussolini aveva subito davvero un attentato. Quell'attentato era stato preparato sul serio. Il capo del fascismo è una figura tragica della nostra storia. Non è una cosa da operetta. Luzi ha chiaramente sbagliato. Ha fatto una battuta perché non è esperto di cose politiche romane. Non immaginava che una battuta fortuita potesse scatenare sto casino». Perché gli intellettuali che si interessano di politica non riescono a trovare un giusta collocazione o subiscono l'emarginazione, come è accaduto con Sciascia, oppure se ne sono restati in disparte come è accaduto ad al senatore a vita Eugenio Montale che certo non fece figuracce come questa? «Ma proprio niente. Sciascia emarginato?! Ma dove?! Lo scrittore ha continuato a far politica. È stato nominato deputato con i radicali. Ha sempre svolto un ruolo politico. Questo ruolo si svolge anche se non si è eletti. Sciascia ha svolto un ruolo politico enorme, ha scritto su tutti i giornali perché l'Italia non era un regime». Ma Sciascia fu querelato dal segretario del suo partito di allora, Enrico Berlinguer. Ricorda? «E vabbè... Allora... Non è normale?! Io da sindaco ho preso 15 denunce. Quante querele ha avuto Berlusconi, quante ne ha fatte?! Cosa vuol dire?! Questa è normale dialettica democratica. In questo paese c'è spazio per tutti. Non siamo in una dittatura. E poi chi sono gli intellettuali?! Non so che mestiere sia. Ho trovato persone molto diverse. Sono tutte chiacchiere». Perché è uscito dalla politica? «Non sono uscito. Non voglio ricoprire più cariche istituzionali. Mi interessa di più insegnare. Ma continuo a fare politica». Individua un momento storico in cui gli intellettuali hanno svolto un ruolo coraggioso e civile invece di perdersi in queste cose? L'accusa rivolta agli intellettuali in passato di aver taciuto contro il terrorismo è valida? «Non è vero che gli intellettuali avevano taciuto o sottovalutato il ruolo del terrorismo. Alcuni avevano parlato come Vittorio Bachelet. Anche qui sono affermazioni generiche. Se c'è un momento in cui il ceto accademico ha svolto un suo ruolo è accaduto durante la Costituente, dopo la guerra per merito dell'Intellighenzia cattolica. Era la generazione dei Dossetti, dei Fanfani e dei Moro. Quello è stato l'unico momento in cui un ceto intellettuale ha svolto un ruolo storico». Quindi per lei sono infondate critiche come quella di Giampiero Mughini che nel suo libro "Gli intellettuali e il caso Moro" parlò di latitanza della cosiddetta intellighenzia e che fu censurato dalla Feltrinelli? «Non ricordo bene il libro di Mughini. Per quello che ricordo di quel periodo (Cacciari fu deputato del Pci dal 1976 al 1983, ndr) gli intellettuali e gli storici non erano assolutamente sordi di fronte al dramma terroristico come uno storico come Ventura Padova ch