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«Hanno allontanato un alleato fedele»

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È un Mastella provato e amareggiato quello che esce da palazzo Marini alla fine del Consiglio nazionale dell'Udeur. E che si interroga anche sul suo futuro personale: «Non so quanto resisterà la mia figura di segretario — ha detto di fronte alle telecamere, ricordando che — settori del partito chiedono ormai apertamente un congresso straordinario per imprimere un'eventuale correzione di rotta alla linea del partito». «La lealtà — ha aggiunto — ci ha finora consentito di tollerare l'emarginazione e il confinamento che abbiamo dovuto subire. Ci siamo ritagliati un compito che pensavamo potesse essere utile al profilo del centro sinistra. Pensavamo di essere un elemento di ricchezza, di complementarietà, non degli ospiti maltollerati». Un'amarezza che il segretario dell'Udeur ha ribadito alla fine del Consiglio nazionale. «Non ho avuto altra scelta, il partito si sta sfilacciando. Finché ho potuto, io ho fatto da garante della dichiarata buona volontà degli alleati ma poi... Su questa vicenda mi gioco la segreteria, non a caso il documento finale prevede la convocazione del congresso straordinario». Per fare cosa? Il futuro impegno per la costruzione di una «terza forza», anzitutto. Di un centro che ritorna ad essere la cerniera di un sistema politico-istituzionale rimodellato sulla legge proporzionale di tipo tedesco, che il documento finale dell'Udeur cita apertamente come uno degli obiettivi da raggiungere. «Noi all'idea della terzietà non ci abbiamo mai rinunciato, l'idea di un centro che crea l'alleanza e non la subisce non l'abbiamo mai messa da parte». Le alleanze, ha proseguito, «non sono eterne», specie se «c'è qualcuno che decide ai piani alti, nel salotto buono, mentre altri, sistemati alla meno peggio in cantina, sono costretti ad accettare ciò che altrove viene deciso». «Ds e Dl — ha attaccato Mastella — non fanno il 48 per cento dell'alleanza. Arrivano a malapena al 30 e specie al Sud non hanno la forza per vincere. Per cui farebbero bene ad essere meno arroganti». Non è quindi solo il rifiuto di attribuire la candidatura per le elezioni regionali in Basilicata — «non l'abbiamo mai considerata un totem», ha assicurato Mastella — ma una più generale condizione di disagio ad aver motivato la fuoriuscita. «È mancato il rispetto — ha insistito il leader del Campanile — avremmo pensato ci fosse più considerazione tra gli alleati per il nostro ruolo e la nostra funzione». E indubbiamente anche Romano Prodi avrebbe dovuto far pesare di più la sua parola. «Più volte — ha ricordato Mastella — abbiamo invitato Prodi ad esercitare la sua leadership che, se non viene espressa a pieno, non è certo colpa nostra. Mi chiedo come possa continuare resistere una coalizione in cui contano di più partiti che il leader da essi designato a guidarla». L'ultimo appello il segretario del Campanile lo ha rivolto al partito. «Nessuno ci chiede di essere dei kamikaze e di morire per una fede. A tutti chiedo però di comportarci in modo responsabile, di essere uniti, perchè ci attendono scelte determinanti per il nostro futuro».

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