Ciampi invita di nuovo a dialogare
Con queste parole, Carlo Azeglio Ciampi ha motivato il suo ennesimo, accorato appello alle forze politiche e parlamentari perchè provino ancora una volta ad affrontare la delicata materia delle riforme costituzionali in uno spirito di dialogo e non di scontro. Al Quirinale, ad ascoltare Ciampi, c'erano Berlusconi, Pera, Casini, numerosi ministri, molti esponenti parlamentari e del mondo giudiziario: insomma, le Magistrature dello Stato, il parterre de roi del mondo istituzionale, riunito come ogni anno nel Salone dei Corazzieri istoriato di marmi, per il tradizionale scambio di auguri di fine anno. Ciampi ha ricordato che, l'anno scorso, nella medesima circostanza, aveva colto «alcuni segnali di dialogo» sul tema delle riforme, e aveva voluto incoraggiarli. «Purtroppo - ha constatato - non hanno avuto il seguito sperato». E perciò, come nell'ultimo messaggio di Capodanno, ha rinnovato l'appello a cambiare registro. A confrontarsi con reciproco rispetto, ricordando - come ha detto in altre occasioni - che chi oggi è maggioranza domani potrebbe essere opposizione e trovarsi danneggiato da regole che ora possono apparire di convenienza. Occorre fare riforme condivise, lungimiranti, di largo respiro, anche perchè, ha ricordato, «le istituzioni fondamentali dello Stato non possono certo essere cambiate ad ogni mutare di maggioranza». Perciò devono «essere frutto di un dibattito aperto e approfondito, non irrigidito da precostituite posizioni di maggioranza e opposizione». Quello di Ciampi è un discorso essenzialmente di metodo. Ma le cronache di questi anni insegnano che in questa materia il metodo spesso è sostanza. Il presidente, comunque mette le mani avanti e riconosce la legittimità procedurale delle revisioni avviate, dicendo: «Non intendo entrare nel merito delle riforme e ho ben presente l'art. 138 della Costituzione». E aggiunge: «Ma auspico che l'esame della riforma costituzionale che riprenderà l'iter al Senato all'inizio del prossimo anno consenta ancora alle forze politiche di recuperare il metodo del dialogo al quale si erano in precedenza dichiarate disponibili».