Bnl, dietro la lite nessun piano industriale
Semmai l'Istituto di via Nazionale può svolgere un'azione di moral suasion. Ma ritengo che al di là del fatto che vinca una cordata piuttosto che l'altra, è importante che ci sia una valutazione della qualità del progetto industriale dei due schieramenti. E questo finora non è chiaro». A parlare è il vicepresidente del gruppo Ds alla Camera. Mauro Agostini con il quale continua la carrellata di interviste politiche de Il Tempo sulla questione del braccio di ferro all'interno della Bnl e del rapporto tra banche e imprese. Lo scontro tra le due cordate, l'una che fa capo al presidente Luigi Abete e l'altra guidata da Caltagirone, sembra aver imboccato un binario morto. Come se ne esce? «Una situazione di tensione così acuta non può che non preoccupare. Nelle società è fisiologico che ci siano momenti di contrapposizione e diverse valutazioni sulle strategie e sulle scelte da compiere. Trattandosi di una banca sarebbe auspicabile che questi scontri non si spingessero ad un punto tale da creare una difficoltà d'azione da parte della banca. Non mi pare che per la Bnl siamo arrivati a questo punto ma c'è il rischio di una paralisi dell'istituto. Un intervento del Governatore della Banca d'Italia, nel senso di dar ragione a uno schieramento piuttosto che a un altro non è possibile». Quindi, secondo lei il Governatore non può far nulla? «L'intervento del Governatore avviene nel caso di autorizzazioni per acquisizioni di particolare rilievo. Nel caso della Bnl penso che agirà avendo presente le esigenze di stabilità del sistema bancario e per dare certezza all'azionariato. Più che un intervento dirigista è un'azione di moral suasion quella possibile». La vicenda della Bnl ripropone il problema del rapporto tra banche e imprese. Il Testo Unico Bancario è sufficiente a regolamentare il problema? «È bene che ci siano imprenditori e investitori che scommettono positivamente su una banca e sulla creazione di valore. Dal momento che è stato superato il modello della banca pubblica devono esserci capitali finanziari veri e propri e industriali. Il limite dell'esperienza italiana è che mancano i banchieri puri che investono solo nel sistema finanziario. Bisogna evitare delle forme di patologia, cioè il fatto che la presenza nell'azionariato o nella governance di una banca possa essere un elemento per ottenere un atteggiamento più benevolo nell'assunzione di credito. Questo va evitato e non solo attraverso l'attività di vigilanza svolta da Bankitalia ma ponendo anche dei paletti di carattere legislativo che impediscano forme di commistione impropria». Il dinamismo vuol dire anche maggiore presenza di gruppi stranieri? «Le imprese oramai sono aperte sul mondo e quindi non ci possono essere compartimenti stagni. Ma la competizione deve essere alla pari e reciproca. Non è possibile che poi se le nostre imprese cercano di entrare in società straniere si trovano la strada sbarrata».