«Basta, in Aula non si tocca più nulla»

È inammissibile che il testo della manovra finanziaria venga stravolto ogni volta. E non ha senso che la maggior parte delle richieste e quindi delle modifiche vengano dalla maggioranza che è invece quella che ha ispirato la manovra. Coerenza vorrebbe che fosse compatta a difenderla». Mentre continua l'assalto alla diligenza della Finanziaria, il sottosegretario all'Economia Giuseppe Vegas (che ha la delega proprio sulla Manovra) interviene a suggerire di mettere un paletto, un argine al diluvio degli emendamenti. Ogni anno si ripete il solito rito, la Manovra entra in Parlamento in un modo e ne esce in un altro. Che fare? «Difficile fare riforme a fine legislatura. Peraltro non si può mettere uno sbarramento totale e rendere la Finanziaria inemendabile. Alcuni cambiamenti infatti sono migliorativi come è stato nel caso dell'introduzione del secondo modulo della riforma fiscale. La mia idea su questo spinoso problema è che hanno un senso gli emendamenti sostitutivi del testo non le modifiche parziali. Ed è stato in base a questa logica che alla vigilia del vertice di maggioranza, ho detto che se la Casa della Libertà decidesse di non presentare emendamenti, nè in aula al Senato nè alla Camera, potrebbe non essere neccessario chiedere il voto di fiducia. Se si raggiungesse un accordo politico in tal senso, il governo potrebbe limitarsi a presentare tre o quattro emendamenti in modo da sciogliere i nodi ancora sul tappeto». Qual è quindi la sua proposta? «Sarebbe opportuno a mio parere che le modifiche si facessero in commissione e non in aula, ovvero che l'aula operasse in sede redigente, cioè approvando o respingendo i singoli articoli e il testo nel suo complesso. Attualmente invece la Manovra è sottoposta a ben quattro passaggi, prima in commissione alla Camera e poi in aula e poi lo stesso iter ripetuto al Senato. Con questa procedura è inevitabile che ci sia un diluvio di richieste di modifica». Ma non si era parlato tempo fa di una riforma della Finanziaria? Anzi lei ne è stato l'ispiratore. Ma perché non se ne è fatto nulla? «Circa due anni fa avevo presentato alcune proposte ma tutto è rimasto nella fase di studio preliminare. Non si è trovato un largo consenso per andare avanti anche perché il Parlamento vede la Finanziaria come sfogatoio annuale dei propri desideri che non si riescono a realizzare nel cosro di tutto l'anno. Peraltro ogni anno ci si lamenta che la Finanziaria viene stravolta e si ripropone il problema di cambiare la procedura per snellire i tempi di approvazione ma soprattutto per preservare quello che è lo spirito originario delle misure». E poi? Che succede? «Poi però quando viene superata la fase di emergenza, la questione della riforma viene accantonata fino all'inverno successivo. Un intervento comunque è stato fatto, anche se peggiorativo. Si tratta della riforma della legge della contabilità introdotta da D'Alema nel '99 che ha ricreato la Finanziaria omnibus. Il risultato è stato un appesantimento della manovra. Prima di questa modifica c'era una manovra corta e un collegato lungo».