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Di questi tempi è meglio vendere Le case popolari affondano il Comune

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E non veder fruttare un capitale di diversi miliardi di euro fa anche rabbia. Che la strada da seguire fosse quella della vendita in Campidoglio si sapeva già prima della bufera giudiziaria che riguarda gli affitti nel cuore della capitale. E ora con l'inchiesta della procura di Roma i tempi sono sempre più stretti. A dimostrazione di quanto la dismissione sia redditizia per le casse capitoline basti l'esempio dell'asta tenutasi a luglio scorso: la vendita di 29 unità abitative, deliberata addirittura nel 2001, ha portato liquidi per 21 milioni e mezzo di euro su una base d'asta di 13 milioni circa. Il meccanismo ha fruttato il 60% in più del previsto. Nel frattempo mantenere le proprietà comunali è diventato sempre più oneroso: la spesa per la manutenzione degli edifici è passata dai 51,9 milioni del 2001 ai 57 del 2002, ben 5 milioni di euro in più che vanno a incidere negativamente sull'altra tendenza nera dei bilanci romani, una morosità crescente. A uno sguardo d'insieme si è passati da una capacità di riscossione pari al 50 per cento nel 2000 al 40 per cento nel 2003. Un dato che preoccupa l'amministrazione, che alla fine dell'anno dovrà probabilmente fare fronte a nuove perdite. In realtà la situazione immobiliare in mano al Comune è quantomai complessa da gestire. Il patrimonio è di fatto diviso in due tronconi, quello disponibile (2 mila unità abitative) e quello riservato all'edilizia residenziale pubblica (26 mila unità). Mentre nel primo caso la morosità riguarda circa un inquilino su cinque, nel secondo caso la «questione sociale» pesa come un macigno per chi deve tenere i conti in ordine. L'affitto viene pagato dall'80 per cento degli inquilini, ma quel 20% che non versa un euro è diventato negli anni un moltiplicatore di deficit. Una legge regionale sulle morosità pregresse fa lievitare ogni anno il debito, producendo come risultato finale un tasso di morosità del 95 per cento. Però, spiega l'assessore comunale al Patrimonio, Claudio Minelli, questi immobili «devono assolvere finalità di natura sociale». Situazione che non ha nulla a che vedere con il sociale è quella degli affitti arretrati degli spazi commerciali. Nel 2003 gli arretrati erano stimati attorno ai 36 milioni di euro, ma la morosità ha raggiunto il 97 per cento, ben 35 milioni di euro. La matassa s'imbroglia poi ancora di più quando la gestione degli immobili passa dalla mano pubblica a quella privata. Due anni fa, ad esempio, il patrimonio immobiliare delle Asl è passato dal Comune di Roma a una società, che ha cercato di rimettere in ordine i conti: si tratta di 187 esercizi commerciali, di cui 42 in scadenza poi rinnovati a canoni commerciali. L'operzione ha portato al recupero di 1,7 milioni di morosità arretrata e ora ci sono da smaltire anche 410 atti di contenziosi di varia natura. A creare ancora maggiore scompiglio è stata proprio l'inchiesta romana condotta dal pm Pietro Giordano che ha ricevuto sulla sua scrivania la denuncia presentata dal presidente del comitato degli inquilini delle case ex-Asl, Alfonso Perrotta. I «vecchi» affittuari temono che, se non dovesse essere fatta chiarezza dalla magistratura, altri potrebbero impossessarsi delle abitazioni.Pi.Mac. e Au.Par.

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