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«C'è troppo disincanto provano a recuperare»

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Professor Fisichella, che cosa c'è dietro questa «voglia di scendere in piazza»? La politica si era dimenticata della «base»? «È normale che il centrodestra, nel momento in cui è tornato forza di governo, si sia concentrato sull'esecutivo. Ora però si stanno preparando eventi come le elezioni Regionali e Politiche e poi c'è questo fatto nuovo della riduzione delle tasse: un fatto senza precedenti di cui però bisogna ancora misurare l'incidenza. Non si può già adesso valutare l'impatto che avrà sull'opinione pubblica, ma la maggioranza ripone molte speranze sulla risposta positiva della popolazione». I politici vogliono recuperare la fiducia della gente? «Certamente, il centrodestra punta tutto sul recupero della partecipazione attiva e forse anche sulla mobilitazione. La partecipazione nasce però dai cittadini, mentre la mobilitazione parte dai partiti e dalla loro abilità nel coinvolgere più cittadini. Certo non ha nulla a che fare con la mobilitazione dei regimi non democratici...». Insomma, i cittadini si sono stufati della politica e bisogna recuperarli? «Sì, la percezione della politica, secondo le ricerche più recenti, è molto bassa. Il rapporto cittadino/politica è di forte disincanto. C'è un disimpegno generalizzato e una forte mancanza di fiducia: si tratta di un problema generalizzato. Non di questa e o quella forza politica. Per questo motivo ora si punta alle manifestazioni di piazza, che però spesso poi avvengono in luoghi chiusi, anche se sono aperte a tutti. Quindi, sono ancora circoscritte. Non si può dire che siamo tornati a quelle piazze da mezzo milione di persone». È solo l'inizio? La spinta al coinvolgimento della gente comune crescerà per necessità di sopravvivenza della politica? «È in atto un tentativo di recuperare il rapporto tra politica e cittadini, ma sarà faticoso. C'è molta apatia e viviamo una stagione di disincanto. La gente comune ha l'impressione che la classe politica non sia all'altezza della situazione. Per qualità e quantità. Questo non vuol dire che non andrà a votare. Ma ci andrà con sempre minor convinzione se non si corre ai ripari. Non solo, ma l'elettorato ha una percezione più forte del fatto che i processi decisionali siano sempre più lontani dalla gente, che difficilmente potrà incidere in qualche modo sul futuro della società. Sarà frutto anche della globalizzazione, ma c'è una consapevolezza sempre crescente di tutto ciò. E non è certo un bene». Giu.Cer.

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