«Basta, non ci saranno altri ministri»

Al banco del governo a Montecitorio, accanto al vicepremier Gianfranco Fini, al suo debutto come ministro degli Esteri alla Camera, il neo-vicepremier Marco Follini e il neo-ministro (della Funzione Pubblica, si saprà dopo il Consiglio dei ministri) Mario Baccini. Al Consiglio dei ministri, più tardi, ci sarà un brindisi con spumante padano, un brut Franciacorta, per l'ingresso di Follini e Baccini. E Silvio Berlusconi annuncia che «con questa squadra si può lavorare per concludere bene la legislatura» escludendo ogni ipotesi di ulteriori ritocchi ministeriali. «Non sono previsti per ora nuovi ministri — ha detto uscendo da Palazzo Chigi — chiuderemo con i sottosegretari che ci mancano». Quanto all'ingresso di Follini, per il premier «avere un segretario del partito che partecipa alle discussioni del governo è solo positivo». La dichiarazione di Berlusconi ha «gelato» le speranze di Adolfo Urso, che sperava in una promozione con uno scorporo del ministero per le attività produttive e di Gianfranco Micciché, che sperava invece di andare a un nuovo ministero per il mezzogiorno. Nuove nomine ci saranno dunque solo nella squadra dei sottosegretari, anche per rimpiazzare Mario Baccini diventato ministro. I posti a disposizione potrebbero essere due per Forza Italia, due per la Lega, uno per An e uno per l'Udc. Ma potrebbe anche esserci la possibilità di una nomina per i repubblicani e i socialisti. Follini intanto ieri ha preso possesso delle stanze lasciate libere da Fini dopo il trasferimento alla Farnesina. Tra i più sorridenti la «matricola» Baccini, nominato ministro della Funzione Pubblica al posto dell'uscente Luigi Mazzella. «Il nostro ingresso — ha detto il neoministro — darà un apporto a rilanciare l'iniziativa del governo, nel rispetto del contratto degli italiani. Quando avremo qualcosa da dire la diremo, così come abbiamo fatto fino ad ora». Del resto, aggiunge Baccini «l'Udc ha chiesto una scossa al governo e questa scossa c'è stata». Di tutt'altra idea l'opposizione. Per Oliviero Diliberto «Fini e Follini si sono piegati al padrone». Il primo, per il segretario dei Comunisti Italiani «da quando è ministro degli Esteri in cambio di un piatto di lenticchie non parla più di contenuti, di pubblico impiego, lavoratori dello Stato, scuola, sanità, tasse: ha dovuto trangugiare tutto». Per Diliberto Follini invece «è entrato a capo chino nel governo e anche lui ha dovuto subire l'ultimatum di Berlusconi che si conferma non il capo, ma il proprietario di questa coalizione». «Il governo fa molto movimento per restare fermo», afferma Fausto Bertinotti, leader del Prc. La Margherita, con Franco Monaco, definisce invece «inglorioso l'epilogo di Follini, che nasconde la capitolazione al berlusconismo dietro al senso di responsabilità e allo spirito di servizio». Il presidente dei Ds Massimo D'Alema non vuole fare critiche al governo «e neppure usare la metafora "non si spara sulla Croce Rossa", perché la Croce Rossa è una cosa seria e il paragone non sarebbe appropriato».