«Basta divisioni, va ricreato un clima di fiducia»
Confindustria è apolitica e apartitica ma vuole mantenere la sua libertà di giudizio e di critica, equidistante dai partiti e dalle correnti. Superiamo le posizioni ideologiche e apriamo subito un tavolo con tutte le forze sociali per cercare di risolvere i nodi strutturali che causano una perdita di competitività delle imprese sui mercati internazionali». Sandro Salmoiraghi (nella foto), presidente della piccola e media impresa di Confindustria, va dritto al nocciolo del problema. «Bisogna superare le divisioni, le contrapposizioni e metterci tutti intorno a un tavolo per risolvere i problemi non per acuirli». Sulla Finanziaria si sono scatenate polemiche che hanno investito anche la Confindustria. «Una cosa deve essere chiara: gli unici interessi che la Confindustria vuole difendere sono quelli dell'economia nazionale non quelli di bottega. Dalla Finanziaria ci aspettavamo un ricaduta positiva sulle piccole e medie imprese con una spinta e un recupero della competitività. Si è presa invece un'altra direzione. Certamente diminuire le imposte fa piacere a tutti e credo sia un segnale importante di cambiamento. Però vista la scarsità delle risorse disponibili avremmo preferito che si concentrassero su un aiuto alle aziende più esposte alla concorrenza internazionale e ai danni del supereuro, oppure che si andasse verso una riduzione del cuneo fiscale che penalizza il costo del lavoro. Ma le scelte di politica economica sono di responsabilità del governo e non sta a noi imporle. Possiamo solo auspicare che finalmente si affronti il nodo della perdita di competitività del sistema Italia e del suo rilancio». Cosa chiedete al governo? «Occorre una politica che metta in prima linea sviluppo, ricerca, innovazione. Su tutti questi temi bisogna aprire un dibattito senza pregiudiziali ideologiche, nel quale si ritrovi un'unità d'intenti tra imprenditori, forze politiche e sindacati. Vanno affrontati di petto i problemi che determinano una perdita di competitività del sistema Italia. La supervalutazione dell'euro ci sta penalizzando in un modo tremendo. Abbiamo anche bisogno di ricreare un clima favorevole di fiducia nel futuro che servirà anche a rilanciare i consumi molto più di quanto possa fare la riduzione del carico fiscale. Va ricreata quella serenità politica che ultimamente è stata compromessa da contrapposizione spesso pretestuose. Anche i media devono abbassare i toni. Il primo aiuto da dare alle imprese è un'immediata riorganizzazione del sistema di supporto all'internazionalizzazione». Ma oltre al supereuro non vi preoccupa la concorrenza che sta venendo dai mercati asiatici? Che significato ha per le imprese la prossima missione in Cina? «La missione di questi giorni in Cina con il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, dovrebbe essere la prima iniziativa di un nuovo corso in cui istituzioni e industria si muovono insieme. Questo è un segnale molto forte su un mercato che ci sta dando grande preoccupazione ma che rappresenta anche una grande opportunità». Non c'è il rischio della delocalizzazione delle imprese in mercati dove il costo del lavoro è più basso? «La delocalizzazione potrebbe interessare quelle attività produttive a basso valore aggiunto e a bassa tecnologia che in Italia sarebbero destinate a scomparire. Con la delocalizzazione queste imprese potrebbero sopravvivere».