Prodi-Berlusconi, la politica siamo noi
Dieci anni passati a sfidarsi, a rincorrersi, a rinfacciarsi errori e promesse non mantenute. Ripetendo, inevitabilmente, affermazioni quasi identiche. Era il 3 febbraio del '95 quando Romano Prodi annunciò la sua candidatura alla guida dell'Ulivo per confrontarsi, nelle elezioni del '96, con Berlusconi, appena dimessosi da presidente del consiglio per l'annuncio di un avviso di garanzia arrivato nel bel mezzo della conferenza Onu sulla criminalità a Napoli. Sono passati quasi dieci anni e sono ancora loro a fronteggiarsi. E una frase detta da Prodi in una puntata di «Porta a Porta» il 23 gennaio del '96 oggi appare profetica: «Il rinvio delle elezioni? Non è importante perché io duro vent'anni, vent'anni davvero». Sono un caso unico al mondo. In nessun altro paese i due leader della maggioranza e dell'opposizione sono rimasti per così tanto tempo gli stessi. E in nessun altro paese la vita politica è stata così «ingessata» e incapace di esprimere nuove personalità per un periodo così lungo. C'è stata, è vero, una parentesi nel 2001 quando l'Ulivo ha candidato Rutelli. Ma solo perché Prodi allora era il presidente della commissione europea e, di conseguenza, non proponibile sulla scena italiana. Il Cavaliere e il Professore, ricalcando il titolo del libro di Bruno Vespa, del resto sono anche assai simili nel percorso che li ha portati a scendere in politica. Berlusconi è un imprenditore privato, Prodi, per lunghi anni alla guida dell'Iri, è stato un imprenditore pubblico. Nell'82, quando il primo stava iniziando a costruire il suo futuro impero televisivo, il secondo diventa presidente dell'Iri. Un incarico mantenuto fino all'89 ma che gli viene riaffidato nel '93 da Ciampi, allora presidente del consiglio. Stavolta però sulla poltrona più alta dell'Iri dura solo un anno, perché nel '94, dopo la vittoria del Polo nelle elezioni rimette il mandato proprio nelle mani di Berlusconi. Di sicuro, almeno nella sfida tra manager, Berlusconi vince a mani basse. Il quotidiano «Milano Finanza», nel '95, mise a confronto le performance Fininvest con quelle Iri dall'89 al '93. E il risultato fu un sonoro 7 a 0 a favore dell'attuale premier. Negli otto anni presi in considerazione la gestione di Prodi è stata negativa per le casse dello stato italiano per 67.799 miliardi di lire (attualizzate al gennaio '95). Negli stessi anni la gestione Berlusconi ha prodotto 1456 miliardi di utile. Ogni giorno l'Iri di Prodi ha perso 23,21 miliardi di lire, la Fininvest ha guadagnato 505,7 milioni di lire. Un raffronto che potrebbe sembrare anche ovvio, visto che l'uno aveva un'azienda privata, l'altro un gruppo pubblico indebitato fino al collo. Ma che dà comunque l'idea di quali sono i due personaggi che l'Italia si trova davanti da un decennio. Meno brillante la «strana coppia» lo è stata invece nelle dichiarazioni che da dieci anni propone agli italiani. A partire dalla reciproca soddisfazione di avere l'altro come avversario. Il 22 maggio del '98, chiacchierando con alcuni giornalisti dopo un comizio a Piacenza Prodi dice: «Ringrazio Berlusconi tutte le mattine perché ha reso più facile il nostro compito. Gli sono veramente grato». Facciamo un salto in avanti di sei anni e arriviamo al 30 maggio di quest'anno quando Berlusconi, in un'intervista per la trasmissione Telecamere spiega: «Tifo per Romano Prodi come mio competitor nel 2006, mi fa comodo». La replica del Professore arriva il giorno dopo: «Gli auguri da Berlusconi per il 2006? Ma non ne ha avuto abbastanza?». Vogliamo prendere il tema delle tasse e della Finanziaria? Iniziamo da una dichiarazione di Prodi del 22 marzo del '96, in piena campagna elettorale: «Demagogia e bugie sul piano fiscale, questo è il programma del Polo. Quello che dicono che non si pagheranno più tasse fa solamente ridere». E ancora: «Il nostro programma è dedicato soprattutto al Mezzogiorno con forti incentivi alla nuova imprenditoria e forte attenzione a settori trascurati come agricoltura, turismo, commercio e artigiana