«Non disperdete le preferenze dandole ai partiti piccoli. Abbiamo mantenuto la parola data»
E in effetti, quello di Silvio Berlusconi, in conclusione del secondo congresso di Forza Italia, è stato un intervento di poco meno di quaranta minuti. Un discorso-spot con il quale il Cavaliere dice sostanzialmente: la nostra moralità è mantenere la parola data, abbiamo realizzato quanto promesso, quindi votate per me per le cose che ha fatto il governo. C'è poi un attacco diretto ai partiti piccoli (alleati e non): non votateli, non disperdete le preferenze. Anche se, proprio in apertura del suo speech, il Cavaliere aveva mandato un messaggio rassicurante agli altri inquilini della Casa delle Libertà: «Loro non ce la farebbero senza di noi, noi non ce la faremmo senza di voi». Il premier, dunque, incassa la rielezione scontata al vertice del suo partito per acclamazione, galvanizza gli aficionados e lancia le ultime due settimane di campagna elettorale annunciando che sta per spedire quindici milioni di lettere agli italiani. Non solo, chiede anche agli azzurri: «Verificate se arrivano, abbiamo già notizie di basse strategie per impedirne la consegna». E che cosa scrive Berlusconi in questo testo (distribuito rigorosamente senza alcuna intestazione)? Il presidente del Consiglio legge la missiva dal palco: ricorda di essersi candidato alle elezioni di tre anni fa con un programma preciso e vuole «onorare gli impegni. Questa per me è la vera moralità nella politica: mantenere la parola data». Sottolinea le difficoltà, i problemi della stagnazione economica ma elenca i risultati. Si comincia con la «scuola che ci darà dei ragazzi capaci di realizzarsi al meglio in Italia e dovunque». Poi tocca alla prima puntura di spillo agli alleati: «La pressione fiscale è diminuita e proprio in questi giorni, mentre le scrivo, stiamo lavorando per diminuire le aliquote delle imposte sul reddito personale al 23 e al 33 per cento». Mentre è noto che il vicepremier Gianfranco Fini (spalleggiato dal leader dell'Udc Follini), vorrebbe mantenere un'aliquota intermedia, forse al 29%. Tra gli altri risultati, il presidente del Consiglio annovera il mercato del lavoro più flessibile, l'occupazione in crescita, l'immigrazione dimezzata, il rilancio delle opere pubbliche. Quindi arriva il punto più contestato. Scrive (e legge dal pulpito) Berlusconi: «È assolutamente indispensabile che l'Italia abbia in Europa una voce forte e chiara... Affinché questo avvenga è necessario che gli elettori non disperdano il proprio voto sui piccoli partiti che con uno, due, tre deputati, finiscono per non contare nulla nel Parlamento Europeo». Subito dopo il leader di Forza Italia chiede i voti per sé. Conferma che la sua è solo una «candidatura di bandiera», ma chi metterà il suo nome sulla scheda darà un «riconoscimento per quello che sono riuscito a realizzare sino ad ora come principale protagonista della nostra politica estera. Oggi l'Italia ha riconquistato il ruolo e l'importanza che le spetta come sesta economia mondiale». Prima di leggere la lettera che manderà alle famiglie italiane, Berlusconi aveva parlato a braccio annunciando già lo slogan per il 2006: «La forza dei fatti, l'Italia è cambiata». Ma si era detto anche «assolutamente certo che il governo proseguirà per i prossimi due anni». Si era dichiarato convinto di un grande risultato per Forza Italia e sicuro di toccare quota 25%: in pratica, un voto su quattro. Aveva anche battuto ancora il tasto sulla riduzione delle tasse insistendo perché nel fare propaganda gli azzurri pronuncino un altro slogan: «Sinistra uguale più tasse, Forza Italia uguale meno tasse». Un capitolo a parte era stato dedicato all'impegno italiano all'estero, nelle missioni di pace. Dopo il tributo ai diciotto soldati morti in Iraq, aveva detto: «Li considero tutti figli miei». Infine, la missiva. Una necessità, fa capire Berlusconi, vista l'impossibilità di comunicare. E proprio il fatto di non riuscire a informare i cittadini dei r