Bertinotti alza il prezzo, vuole due ministeri Il centrosinistra tratta con i comunisti e spera nella spallata al governo con le prossime elezioni
Nel giro di una settimana è riuscito a convertire tutto il centrosinistra sulla sua linea, ha messo nell'angolo i più diretti concorrenti (vedi Comunisti italiani di Cossutta e Diliberto), ha dimostrato ancora una volta che è determinante per le sorti del centrosinistra. E adesso si riparla a gran voce dell'accordo tra Rifondazione comunista e l'Ulivo. Un accordo organico, e non la semplice intesa elettorale come venne siglata nel '96. Un accordo organico, dunque, che prevederebbe l'ingresso dei bertinottiani nell'eventuale governo di centrosinistra da proporre per le politiche del 2006. Tanto che c'è chi vorrebbe assegnare ai rifondaroli ben due poltrone, una con la diretta competenza sul welfare (per esempio le vecchie politiche sociali, dicastero poi sparito). Lui, il leader Fausto, guarda avanti, alla qualità politica della proposta. E detta le sue condizioni (che poi sono le stesse che aveva anticipato il suo braccio destro Franco Giordano un paio di giorni fa): «Si è giunti alla convergenza nel centrosinistra sulla guerra. Ora occorrono intese sulle politiche economiche e sociali». E sottolinea: «Il fatto politico nuovo - spiega - è che si è verificato un terreno di dialogo sulla guerra. Non è che Bertinotti e Prodi un giorno del 1998 hanno deciso di rompere e un altro giorno, molti anni dopo, di ricongiungersi. È accaduto che la guerra abbia cambiato le coordinate della politica. Rispetto a questo sono emerse le nuove soggettività che hanno occupato la scena della politica. Mi riferisco al movimento pacifista che ha riaperto un grande canale di dialogo tra le componenti radicali anti capitaliste e correnti del mondo cattolico». In casa Ulivo s'incassa con ringraziamenti. Anzi, il clima di unità ha liberato nuovi entusiasmi, in tanti pronosticano successi alle Europee di giugno e la conseguente caduta del governo. E lui? Il leader? Che fa? Romano Prodi non si pronuncia sull'eventuale crisi dell'esecutivo in caso di vittoria del centrosinistra alle elezioni che si terranno tra venti giorni: «Non faccio per mestiere previsioni ma proposte politiche», glissa. Ma poi aggiunge sibillino: «Le europee sono elezioni serie e lo sono prima, durante e dopo il loro svolgimento». Si spingono oltre invece Piero Fassino e Francesco Rutelli. Il segretario dei Ds (nonché «portavoce non esercitante del Listone») assicura che «la Lista Uniti nell'Ulivo sarà alle prossime Europee la prima nel Paese per consenso» e questo «segnerà un passo decisivo per realizzare l'alternativa, poiché risulterà evidente che Berlusconi e la Cdl non rappresentano la maggioranza degli italiani, mentre il centrosinistra sì». Altrettanto convinto della debacle avversaria è Francesco Rutelli, al timone della Margherita. «Il voto delle Europee ha un'importanza decisiva - dice - e se, come io credo, ci sarà una netta prevalenza del centrosinistra e un'affermazione della Lista Prodi, questo porterà conseguenze benefiche per il Paese, dopo l'enorme delusione causata da un governo che ha fallito in tutti i suoi obiettivi». Insomma, per il centrosinistra la posta in gioco è la sorte politica del governo. «Se la Lista unitaria avrà un netto successo - pronostica Ugo Intini, presidente dei deputati Sdi - il governo entrerà politicamente in crisi e inizierà la fine di Berlusconi». «Il governo è arrivato al capolinea, mandiamolo a casa», sentenzia il capogruppo dei deputati Pdci Marco Rizzo. Nessuno però, entra nel merito delle proposte di Bertinotti. A cominciare da quelle che gli stanno più care: quelle economico-sociali. F. D. O.