E anche i moderati passano all'insulto Il Listone si sposta a sinistra. Franceschini (Margherita) guida i nuovi estremisti
Il coordinatore di An Ignazio La Russa ammette: «Fare il question time (la replica finale spetta praticamente sempre all'opposizione, ndr) è stato un suicidio mediatico. Sarebbe stato meglio un dibattito». Sono i deputati che abbandonano il ring dell'aula. Un ring diventato più pesante del solito per colpa della campagna elettorale e - dice Fini - della diretta tv che finisce per spingere tutti a dilatare qualunque cosa. Persino i moderati, i tranquilli, i sereni, i morigerati e i goliardici diventano cattivi, mostrano la faccia brutta, abbaiono, mordono e sono pronti a graffiare, sfrenati e dissennati menano fendenti. Uno come Dario Franceschini, con l'aria da pretino e la voce da chirichetto, per esempio, parte lancia in resta contro il governo: «Vi ostinate a dire che non siete mai stati informati da nessuno, ma proprio questa è una responsabilità politica grave e enorme», accusa il coordinatore della Margherita. «Ma i nostri servizi segreti, che indicazioni hanno avuto? Per un anno che avete fatto - aggiunge -? Avete mandato gli ambasciatori per chiedere un chiarimento, avete protestato? No, avete solo detto che continueremo a restare in Iraq. Avete trascinato l'Italia in questo tragico errore e ne porterete la responsabilità politica». I banchi della sinistra diventano la curva sud. Sull'estremismo la sinistra torna unita. Tutti in fila a stringere la mano a Franceschini mentre da destra fischi e urla. Proprio La Russa grida: «Ci manca che dite pure viva Saddam». E il collega del suo partito Guglielmo Rositani strilla: «Buffoni, sciacalli, mi fate venire il vomito». E Guido Crosetto (Fi): «Non dire sciocchezze» Pierferdindo Casini, come un maestro d'asilo, prova a portare un po' d'ordine. Giorgio Bornacin (An): «Perché non parlate delle migliaia di bambini torturati da Saddam?». Savaerio La Grua (An) grida a Elettra Deiana (Prc): «Sei ridicola». Con scarsi risultati. Più tardi tocca a Oliviero Diliberto, segretario Pdci, ridurre tutto a una battuta: «O il governo sapeva e allora è corresponsabile, oppure non sapeva è allora siete degli sguatteri». Martino non ci vede più. Anche il freddo Fini sbotta, gli si avvicina e nell'orecchio gli consiglia di attaccare, basta continuare a subire. Il ministro della Difesa, un tipo mite e pacato, cambia tattica e li addita come amici del dittatore Fidel Castro. E aggiunge: «Non ho sentito levarsi voci di sdegno per la decapitazione del civile americano ieri». Applausi, i posti della destra diventano la curva nord. Urla e grida. Si sprecano le accuse: «comunisti» (Landolfi, An), «fascisti» (Duca, Ds), «Ocalan» (Muratori, Fi), «scemi» (ancora Duca). Pierluigi Castagnetti (Margherita) non ci vede più e corre ai banchi della presidenza a protestare con Casini. Nel bailamme Gustavo Selva (An) riesce a mandare un biglietto riservato a Fini che legge e ride di gusto. Luigi Ramponi (An) litiga in un angolo con Filippo Ascierto (An), Piero Fassino con uno scatto nervoso scatta in piedi per guadagnarsi il Transatlantico, Luciano Violante (Ds) è costretto a cedergli il posto per farlo uscire dallo scranno e giochicchia con i vicini, Maura Cossutta (Pdci) strilla dal primo banco («Martino, rispondi sulle torture»), s'infuria al punto che si alza. Arriva Pietro Folena (Ds?) e stringe calorosamente la mano a Fausto Bertinotti (Prc). E poi entra nell'emiciclo Previti, uno gli fa: «'A Cesare, nun sa che te sei perso!». E ancora urla. La seduta non riesce a finire perché, dichiarata conclusa, prosegue con altri interventi. Tutti, ma proprio tutti, cercano un briciolo di notorietà. Anzi, un Bricolo visto che il leghista Federico Bricolo, non sapendo con chi prendersela, attacca il ministro Pisanu: «Si vergogni». Meno male, ci mancava.