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Solo la Croce Rossa italiana resta sul campo dopo la partenza delle altre per gli attentati

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35 milioni di ore di servizio svolte ogni anno, solo in Italia, nelle emergenza ambientali, nell'assistenza ad anziani o portatori di handicap, nelle attività di formazione o di educazione civica come l'educazione stradale. Ecco la cornice in cui si muove la Croce Rossa Italiana che ieri insieme alle altre 180 consorelle nel mondo ha celebrato la Giornata mondiale della Croce Rossa. La Cri - presente in una decina di paesi (fra i quali l'India, il Mozambico, il Ruanda, l'Argentina, la Bolivia, la Turchia) dove realizza progetti di sviluppo - è diventata familiare al grande pubblico, non solo nazionale, per l'intervento umanitario in Iraq dell'ultimo anno, per i recenti quattro corridoi umanitari attivati per portare viveri e medicine alla popolazione di Falluja, provata per l'assedio delle forze americane. Per essere stata l'unica Croce Rossa a rimanere a Baghdad dopo la partenza del Comitato internazionale della Croce Rossa, seguita agli attentati. Quasi 500 i volontari (a gruppi di una quarantina) che si sono alternati in quest'anno nella capitale irachena. Proprio un anno fa, il 9 maggio 2003, cominciò l'avventura dell'ospedale da campo installato a Baghdad. Cinque mesi di attività per poi spostarsi in una struttura fissa, ancora operativa (fino al 30 giugno, salvo rinnovi), il Medical City Center. L'ospedale della Cri - finanziato dal ministero degli esteri - ha curato in dodici mesi 55 mila iracheni. Un centinaio di bambini, gravemente feriti o malati, sono stati portati in strutture mediche in Italia; la metà di questi sono ritornati già nel loro paese.

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