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Scoppia la rivolta del pubblico impiego

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Pezzotta: chiediamo le risorse per l'intesa del 2003. Epifani: Maroni non difende mai i lavoratori

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Per venerdì 21 maggio infatti i sindacati del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero generale della categoria (circa tre milioni di lavoratori) a sostegno dei rinnovi dei contratti, scaduti ormai da più di quattro mesi. Per la stessa data è stata indetta una mobilitazione anche dall'Ugl. Insieme allo sciopero che fermerà gli statali, i lavoratori della scuola, della sanità, degli enti locali, delle agenzie fiscali e dell'Università e ricerca, è prevista una manifestazione nazionale a Roma a Piazza San Giovanni, alla quale sono attese almeno 3-400 mila persone. Lo sciopero proclamato dall'assemblea dei delegati del settore - a cui hanno partecipato ieri i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti - è stato deciso contro il mancato stanziamento da parte del governo di risorse sufficienti allo sblocco dei contratti. Solo per quelli «centrali» (statali, università, ricerca e scuola), per i quali i fondi sono stanziati in Finanziaria, il governo ha previsto le risorse per aumenti del 3,6% (circa 2,2 miliardi di euro) contro richieste sindacali dell'8% (circa 4,8 miliardi). L'esecutivo - lamentano i sindacati - non rispetta l'accordo del luglio del 2003 e ha inserito in Finanziaria solo gli aumenti per il tasso programmato di inflazione per il 2004-2005 (rispettivamente 1,7% e 1,5%), e non per il recupero del divario tra tasso programmato e reale per il biennio trascorso: 2,2% il differenziale nel biennio 2002-2003, secondo i sindacati che chiedono poi per il 2004-2005 il 2,4% l'anno di inflazione prevista e lo 0,5% per la produttività. «Chiediamo al governo - ha spiegato Pezzotta - di fare il contratto. Chiediamo le risorse per fare l'accordo, non la luna nel pozzo, ma una cosa semplicissima. Ci obbligano a mobilitarci per una cosa che dovrebbe essere nella normalità delle regole sindacali». Le risorse stanziate, ha sottolineato Pezzotta, «non sono sufficienti. Non si danno risposte ai lavoratori, che vedono erodere il loro potere d'acquisto». Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, accusa il ministro del Welfare, Roberto Maroni, di non prendere mai le parti dei lavoratori. «Mi domando - ha detto a proposito della richiesta di risorse per il rinnovo dei contratti pubblici - dove stia questo ministro. Anche quando non insulta i sindacati non è mai dalla parte dei lavoratori». «Non ci sono i soldi per i contratti pubblici - ha aggiunto - e si parla di taglio delle tasse. Sono due cose che non c'entrano. Non si può usare quell'argomentazione per negare questo diritto». Duro anche il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, secondo il quale sul fronte degli aumenti salariali «questo governo si comporta molto peggio dei padroni». «Il mancato rinnovo dei contratti del pubblico impiego - ha detto Angeletti - è frutto di una politica che giudichiamo sbagliata, ingiusta e pericolosa, dettata da una posizione ideologica che ha prodotto molti guasti e che rischia di stravolgere scuola, sanità assistenza sociale e servizi pubblici». Anche gli aderenti alle Rdb e alla Cub daeriranno allo sciopero del pubblico impiego, ma - precisa una nota - con motivazioni diverse da quelle indicate dai sindacati confederali: non solo quindi rispetto degli accordi e rinnovo del contratto, ma anche per avere salari europei, una nuova scala mobile che protegga gli stipendi dall'inflazione, e per l'assunzione del personale precario della pubblica amministrazione.

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