Italia-Cina, la via della collaborazione inizia dall'acciaio
In economia e nel rispetto dei diritti umani. Fra Italia e Cina sembra iniziare una nuova era. Di collaborazione e di apertura. Almeno a interpretare i risultati degli incontri che il premier cinese, Wen Jiabao, ha avuto ieri in Italia con il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e gli imprenditori. «Il mondo che attraversa un momento drammatico per gli attacchi del terrorismo e del fondamentalismo ha bisogno della Cina come elemento di stabilizzazione e di pace» è stato l'appello del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al seminario sulla promozione degli investimenti tra Italia e Cina. Il premier ha quindi invitato gli imprenditori a investire in Cina. «Se fossi un giovane imprenditore, e si è giovane anche avendo 70 anni con un cuore giovane, privilegerei la Cina» ha detto, incoranggiando le aziende a seguire la strada aperta dal governo italiano nei confronti di questo «immenso e fantastico mercato, dove gli abitanti hanno raggiunto una quota di benessere che li rende atti ad usare i nostri straordinari prodotti di design e lusso». Berlusconi ha quindi dato atto alla Cina «degli sforzi per trasformasi in una moderna economia di mercato e in uno stato di diritto», auspicando che nel gigante asiatico «i diritti umani siano riconosciuti esattamente come nella cività occidentale». «Se posso permettermi un consiglio al mio collega - ha aggiunto Berlusconi - gli vorrei dire di incentivare quelle aziende cinesi che vogliono esportare prodotti e produzioni autentiche, con un designer originale». Da parte sua, Wen Jiabao ha assicurato che la Cina è più che mai impegnata sulla strada dello sviluppo e della tutela dei diritti. «Possiamo contribuire al processo di pace e di sviluppo di tutto il mondo. Per questo - ha detto - persistiamo nella politica di apertura e di relazioni amichevoli con tutti gli altri Paesi». Wen Jiabao ha quindi sottolineato come, «nonostante la velocità con cui cresce l'economia cinese (+9,1% nel 2003, +9,7% nei primi tre mesi del 2004), la Cina sia ancora un Paese in via di sviluppo e ci vorranno ancora 50 anni per diventare un Paese mediamente sviluppato. Ma, con un enorme mercato domestico, abbondante mano d'opera e un grande risparmio popolare, possiamo mantenere e assicurare uno sviluppo duraturo e stabile». Oltre a tante belle parole, ci sono anche dei risultati concreti. Davanti a Berlusconi e a una platea gremita di imprenditori Wen Jiabao si è impegnato a «garantire alle acciaierie italiane un'offerta di coke a prezzi di mercato». Un annuncio che arriva dopo l'accordo del marzo scorso, con il quale il governo di Pechino si era impegnato ad aumentare la quota di coke verso il nostro Paese. Poco dopo l'industriale siderurgico Emilio Riva ha firmato con la delegazione cinese un precontratto per l'acquisto di coke. «Il contratto firmato - ha spiegato Emilio Riva - consentirà di fornire quantità di coke sufficienti a garantire la prosecuzione dell'attività degli impianti fino alla messa in funzione delle cokerie di Taranto oggi ferme». «Si tratta di un impegno di grande significato» ha commentato il viceministro alle Attività produttive con delega al Commercio estero, Adolfo Urso, auspicando però che con la Cina ci sia «un salto di qualità». «Si è sbloccata una crisi importante» gli ha fatto eco il presidente di Confindustria, Antonio D'Amato. Il ministro per le Attività produttive, Antonio Marzano, ha detto che «il governo e il mio ministero hanno messo a disposizione risorse significative per sostenere la presenza italiana in Cina e per favorire gli investimenti». Il presidente della Fondazione Italia-Cina, Cesare Romiti, ha da parte sua invitato a «raccogliere la sfida anche in presenza di problemi per la concorrenza». Con una produzione totale di 26,3 milioni di tonnellate l'anno, di cui il 50% destinato all'export, l'Italia è al secondo posto tra i produttori di acciaio dell'Unione europea (preceduta solo dalla Germania) e al decim