Svolta o ritiro, listone e pacifisti attaccano
Ma si proverà lo stesso a unificare le due posizioni in prossimità del dibattito parlamentare che potrebbe svolgersi entro il mese di maggio. Questa in sostanza la fotografia di una lunga giornata di incontri e riunioni che ha fatto registrare alla fine un clima più disteso nella coalizione, con i pacifisti convinti di aver ottenuto un buon risultato e il «listone» persuaso di aver smorzato le sue polemiche interne fissando un punto fermo. Il dispositivo finale della mozione del «listone», nel suo passaggio cruciale, «impegna il governo a predisporre, in assenza del passaggio all'Onu della conduzione politica e militare della situazione in Iraq, il rientro del contingente militare italiano». Alla formulazione finale del lungo documento (poi tradotto in un dispositivo di mozione in sei punti) si è arrivati dopo varie limature al vertice tra i leader e i capigruppo, che hanno discusso a lungo una bozza tirata fuori da Piero Fassino, che ne avrebbe discusso anche con Prodi. Il leader dei Ds avrebbe così esordito: «Da qui dobbiamo uscire con una linea chiara». Un documento ben accolto dai capigruppo Ds e Dl, Violante e Castagnetti, che hanno colto la palla al balzo del «mandato ai gruppi di adoperarsi per un'iniziativa parlamentare che impegni il governo» per proporre di presentare subito la mozione. Anche perché a questo punto non sarebbe stato facile tenere insieme le compagini di deputati Ds e Dl che premono per il ritiro. Non a caso, un esponente della maggioranza diessina, Michele Ventura, dopo aver letto in Transatlantico il documento, ha detto: «Così a me va bene». Ad apprezzare la posizione del «listone» è anche Giuliano Amato, che, a quanto si apprende, avrebbe fatto un accenno alle polemiche suscitate dalla sua intervista a un quotidiano in cui diceva no al ritiro delle truppe: «Ci sono state delle forzature sui titoli, ma mi è sembrato utile chiarire le cose, anche se non pensavo di causare tutte queste reazioni...». In tre ore di vertice si è parlato di tutto. Tra un discorso e l'altro, ognuno diceva la sua sulla bozza per l'Iraq, con il testo che veniva ritoccato e riscritto più volte, e le notizie d'agenzia in arrivo commentate a voce alta. Come quella che indicava che la prima riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu si terrà il 18 maggio. A quel punto Massimo D'Alema avrebbe chiosato: «La chiarezza su cosa farà l'Onu la si avrà dopo che si terrà il G-8, ai primi di giugno, e non certo prima». I leader del «listone» si sarebbero infatti interrogati sugli scenari possibili da qui a qualche settimana e sull'opportunità di indicare nel documento la scadenza del 30 maggio, decidendo infine di soprassedere. E procurandosi così una critica di Fausto Bertinotti: «Le date in politica sono un fatto importante. Se non ci sono le date gli impegni programmatici sono troppo volatili». Altro punto discusso è la richiesta di un voto parlamentare a breve, che per ora non viene avanzata dal «listone», con Rutelli che spiega: «Per me si può votare anche domani. Avevamo già chiesto la settimana scorsa di convocare il governo per un dibattito in aula e ci avevano detto di aspettare per la vicenda degli ostaggi. In ogni caso per noi da domani ogni giorno è buono per un dibattito sull'Iraq». In ogni caso, la mediazione raggiunta, se pure sfumata, sta bene a tutti, Ds, Margherita e Sdi, nella speranza di poter trovare una sintesi con i pacifisti quando sarà il momento. Anche il correntone Ds (che ha firmato la mozione per il ritiro insieme a Pdci, Verdi, Occhetto-Di Pietro e Prc) è convinto che le strade possano riunirsi: «La mozione della lista Prodi - spiega Pietro Folena - dice "o la svolta o il ritirò, ma visto che da qui a 15 giorni prevedo non ci sarà la svolta, ci rivedremo e metteremo a punto una posizione unitaria». E la sinistra Ds rivendica il risultato