«L'Italia resta in Iraq. È una missione umanitaria»
Berlusconi ha condannato gli episodi di torture inflitte dai soldati americani ai prigionieri iracheni, ma ha anche ribadito che la missione italiana, che è «umanitaria», andrà avanti nel rispetto della risoluzione Onu (la 1511) nel cui «ambito» si svolge l'operazione. «Siamo addolorati e impressionati da quello che è emerso in questi giorni - ha detto Berlusconi - non crediamo tuttavia che questo cambi il senso della nostra missione in Iraq, che è una missione umanitaria verso un popolo che negli ultimi decenni ha conosciuto una feroce dittatura e che si sta ora avviando alla democrazia». Il premier italiano ha ripetuto che se l'Italia dovesse lasciare l'Iraq (ma «non sarà così») allora dovrebbe fare altrettanto con l'Afghanistan, il Kosovo, la Bosnia... Berlusconi ha anche ribadito che l'Italia ha «l'onore e l'orgoglio di essere il terzo Paese impegnato nelle operazioni di peace keeping». Verrà rispettata la tabella di marcia che fissa nel 30 giugno il «passaggio della sovranità alla compagine governativa scelta dall'Onu». Sulla stessa linea il presidente del Senato, Marcello Pera. I un colloquio alla Casa Bianca con il vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, ha ribadito che l'Italia non intende ritirare dall'Iraq le proprie truppe. Parlando ai giornalisti, Pera ha detto: «Le nostre truppe sono lì per assicurare la stabilità e la pace». Il presidente del Senato ha insistito sull'importanza dell'adozione di una nuova risoluzione delle Nazioni Unite. A Raffarin e a Chirac Berlusconi ha caldeggiato la sua idea di una Conferenza internazionale che «possa far succedere in Iraq ciò che è già successo in Afghanistan». «Mi sembra che Raffarin abbia risposto con una apertura», ha sottolineato Berlusconi dopo che il premier francese, anche in conferenza stampa, ha detto di aver ascoltato con «attenzione» le affermazioni del nostro premier sul ruolo umanitario della missione italiana, un ruolo che - ha detto Raffarin - ha una grande importanza. Durante l'incontro con Chirac il presidente francese si è informato sulla sorte degli ostaggi e ha assicurato a Berlusconi il sostegno solidale della Francia all'Italia nella lotta contro il terrorismo. Entrambi hanno concordato sull'appoggio al piano dell'inviato dell'Onu, Brahimi, auspicando il pieno ripristino della sovranità irachena. Comune anche l'auspicio che l'accordo sulla Costituzione europea possa essere trovato entro il Consiglio europeo di giugno. Per i primi di luglio, poi, è stato fissato il prossimo vertice annuale italo-francese. A sottolineare che i rapporti tra i due presidenti sono buoni è stata la portavoce dell'Eliseo, Catherine Colonna: «Non ci sono nuvole nei rapporti franco-italiani». In questa trasferta parigina Berlusconi ha potuto fare sfoggio del suo francese: si è espresso nella lingua degli ospiti sia nell'incontro con Raffarin (anche durante la conferenza stampa) sia nel colloquio con Chirac. Berlusconi è poi tornato a parlare nella lingua madre, quando i cronisti italiani lo hanno avvicinato. Oggi - gli è stato ricordato - per il governo è il record di longevità. «Come vedete lavoriamo più del solito» ha reagito il premier, che poi ha voluto rimarcare come anche il traguardo di oggi rappresenti «un'altra promessa mantenuta». Con l'auspicio che il governo possa proseguire nel suo lavoro, senza cambiare l'attuale formazione, per tutta la legislatura al fine di realizzare il programma. E del programma, così come delle promesse, fa parte il progetto del taglio delle aliquote Irpef. Berlusconi ha assicurato che anche questo impegno verrà mantenuto e sarà portato «all'attenzione del Consiglio dei ministri nei prossimi giorni» previo vertice con gli alleati.