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«L'aggressività diffusa ha nel demonio la guida e l'ispiratore che come un leone ruggente va in giro cercando chi divorare»

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Giovanni Paolo II ha parlato della negatività che sta seminando guerra e dolore nel mondo nel corso della Catechesi dell'udienza del mercoledì in piazza San Pietro, dedicata al Salmo 26. Ma il «fedele», ha sottolineato Wojtyla, ha fiducia, «spera nel Signore» e per questo è «forte». Il Papa ha invitato comunque a «vigilare» e a cercare il «volto del Signore» attraverso la preghiera. «A tutte le persone anziane, malate, dimenticate da tutti, alle quali nessuno farà mai una carezza» il Papa ha ricordato le parole del profeta «perché sentano la mano paterna e materna del Signore toccare silenziosamente e con amore i loro volti sofferenti e forse rigati dalle lacrime». Giovanni Paolo II è apparso in buona forma, ha letto con voce chiara gran parte della catechesi in italiano, prima di fare i saluti in dieci diverse lingue, oltre all'italiano. In particolare, il Pontefice ha salutato i partecipanti al simposio tra buddisti e cristiani e i delegati della Chiesa ortodossa di Finlandia. Nella Catechesi il Papa ha messo in luce «tre elementi simbolici di grande intensità spirituale» ispirati dal Salmo 26: «Il primo è quello negativo dell'incubo dei nemici - ha detto il Pontefice -. Essi sono tratteggiati come una belva che "brama" la sua preda e poi, in modo più diretto, come "falsi testimoni" che sembrano soffiare dalle loro narici violenza, proprio come le fiere davanti alle loro vittime». «C'è, dunque, nel mondo un male aggressivo, che ha in Satana la guida e l'ispiratore - ha aggiunto Wojtyla - come ricorda San Pietro: "Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare"». «La seconda immagine illustra in modo chiaro la fiducia serena del fedele, nonostante l'abbandono perfino da parte dei genitori: "Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccoltò. Anche nella solitudine e nella perdita degli affetti più cari - ha spiegato il Papa - l'orante non è mai totalmente solo perchè su di lui si china Dio misericordioso». Giovanni Paolo II ha ricordato le parole del profeta Isaia, che «assegna a Dio sentimenti di compassione e di tenerezza più che materna: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai!"». Infine il Papa ha evidenziato il «terzo e ultimo simbolo, reiterato più volte dal Salmo: "Cercate il suo volto; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto". È, dunque, il volto di Dio la meta della ricerca spirituale dell'orante. In finale emerge una certezza indiscussa, quella di poter "contemplare la bontà del Signore"». «Cercare il volto del Signore» è un'espressione che «comprende anche l'esigenza mistica dell'intimità divina mediante la preghiera. Nella liturgia, dunque, e nell'orazione personale ci è concessa la grazia di intuire quel volto che non potremo mai direttamente vedere durante la nostra esistenza terrena. Ma Cristo ha rivelato a noi, in una forma accessibile, il volto divino e ha promesso che nell'incontro definitivo dell'eternità» ha concluso Giovanni Paolo II. St. Mor.

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