IL corpo è il nuovo confine da difendere.
«Davanti a noi sono mutamenti che toccano l'antropologia stessa delle persone - ha ammonito Rodotà -. Siamo di fronte a slittamenti progressivi: dalla persona "scrutata" attraverso la videosorveglianza e le tecniche biometriche si può passare ad una persona "modificata" dall'inserimento di chip ed etichette "intelligenti"». «In un contesto che sempre più nettamente ci mostra come stiamo diventando "networked persons", persone perennemente in rete, via via configurate in modo da emettere e ricevere impulsi che consentono di rintracciare e ricostruire movimenti, abitudini, contatti, modificando così senso e contenuti dell'autonomia delle persone - ha scandito Rodotà - non tutto ciò che è tecnologicamente possibile è anche socialmente desiderabile, eticamente accettabile, giuridicamente legittimo». Il controllo illegittimo, la violazione della privacy ha dunque come nuova frontiera il corpo e Rodotà sottolinea che «lo stesso corpo può essere tecnologicamente modificato, predisposto per essere seguito e localizzato permanentemente. Braccialetti elettronici sono stati proposti anche per controllare i bambini sulle spiagge. Ora la possibilità di inserire sotto la pelle un chip, contenente ad esempio informazioni sulla salute o tale da permettere in ogni momento la localizzazione di persone rapite, di criminali pericolosi, di detenuti in libertà provvisoria o più semplicemente l'identificazione di una persona, ha indotto una società americana a lanciare il servizio VeriChip con lo slogan «Get chipped». Questa società ha poi presentato il servizio «VeriPay», consistente sempre in un chip sotto la pelle, che dovrebbe prendere il posto di una comune carta di credito, rendendo così più sicuri e veloci i pagamenti». «Il controllo diventa poi ancora più agevole se ci si affida alle etichette intelligenti - ha aggiunto Rodotà, riferendosi alla tecnologia delle radiofrequenze (Rfid) - adoperandole per contrassegnare non solo prodotti, ma anche esseri viventi: oggi gli animali di un gregge, come già accade, in prospettiva anche le persone. Siamo ormai di fronte alla concreta possibilità di vere e proprie modificazioni del corpo. Se, ad esempio, si considera la possibile sostituzione del braccialetto elettronico con le tecnologie Rfid per controllare i detenuti in regime di semilibertà o le persone agli arresti domiciliari, non assistiamo ad un innocente passaggio da una tecnologia all'altra. Per quanto odioso possa essere, il braccialetto non modifica il corpo. Ma quando si inserisce un chip o si applica una etichetta intelligente, l'integrità del corpo è violata, la dignità lesa, sì che l'impianto dovrebbe essere ritenuto illegittimo anche se la persona interessata abbia dato il suo consenso». «Le derive tecnologiche possono produrre gravi effetti distorsivi - ha ammonito il garante - distorsioni nell'uso delle risorse quando, ad esempio, queste vengono investite in impianti di videosorveglianza privi di vera utilità per la sicurezza. Distorsioni nell'organizzazione degli interventi quando, ad esempio, ci si affida a grandi banche dati centralizzate, tecnicamente difficili da gestire, vulnerabili agli attacchi, accompagnate da affidamenti in outsourcing spesso inadeguati, soprattutto tali da distogliere l'attenzione dalla necessità di raccolte e di indagini mirate. Distorsioni nella percezione e nell'analisi della realtà quando, ad esempio, le raccolte di informazioni vengono adoperate per frettolose traduzioni di un fenomeno in termini di ordine pubblico, invece di indagarne le ragioni sociali e di avviare, quindi, politiche più adeguate». «Una valutazione di "impatto privacy" dovrebbe ormai accompagnare molti interventi legislativi ed organizzativi - ha raccomandato Rodotà -. L'affidarsi cieco alle tecnologie, ritenendo che in esse risieda ormai la soluzione di ogni problema, può risolversi in una delega in bianco,