Sul terrore la sinistra si schiera con il governo
Ma i no global nicchiano e si preparano a obbedire ai sequestratori: pronta la manifestazione
Insomma, almeno per ora i sequestratori dei tre ostaggi italiani (Stefio, Cupertino e Agliana) un risultato l'hanno ottenuto: anche i più acerrimi nemici di Silvio Berlusconi si schierano al suo fianco nel dire «no» al ricatto dei rapitori islamici. Per dire, appunto. Infatti, l'unione di tutto il mondo politico (e non solo) alla linea della fermezza del governo c'è, ma solo a parole. Almeno per un giorno c'è. Il leader No global Francesco Caruso afferma: «Non ci faremo dettare l'agenda politica dai sequestratori». Ma già Luca Casarini (Disobbedienti), si spinge oltre: «Continueremo a lottare tutti i giorni per il ritiro delle truppe dall'Iraq». Il punto è proprio questo: tutti a dire che non scenderanno in piazza perché lo chiedono i sequestratori, ma l'estrema sinistra non esclude una manifestazione comune nei prossimi giorni. Un comunista doc, come Armando Cossutta, spiega: «Gli italiani non devono dare alcuna risposta né accettare alcun ricatto da parte dei rapitori dei nostri connazionali». Ma aggiunge: «Abbiamo manifestato e continueremo a farlo, ma non perché ce lo chiedono i terroristi». Sulla stessa lunghezza d'onda Fausto Bertinotti (Rifondazione comunista): «Per non essere condizionati dal terrorismo bisogna non replicare ad esso come si fa a un partito, un governo o un soggetto politico». Più ci si sposta al centro, più i toni sono netti e decisi. Luciano Violante (Ds) parla di «gestione lucidamente politica» alla quale bisogna rispondere altrettanto lucidamente e con «intelligenza politica», altrimenti «si diventa prigionieri dei sequestratori», il cui obiettivo è quello di «lacerare» il Paese. Ma per la Quercia i problemi cominceranno già stamattina: i democratici di sinistra dovranno decidere come comportarsi sulla mozione proposta dall'estrema sinistra per il ritiro immediato delle truppe italiane dall'Iraq (che era la prima richiesta fatta dai terroristi islamici). Contrario a qualsiasi trattativa con i terroristi è anche Francesco Rutelli (Margherita), che invita il governo a operare «con serietà e discrezione per la liberazione degli ostaggi». «I terroristi - aggiunge Vannino Chiti, Ds - non influenzano nè influenzeranno le scelte e gli orientamenti delle forze politiche». Compattezza, dunque, viene espressa dal mondo politico. D'altro canto un appello chiaro era arrivato dal governo: il governo confida che nessuno si presti a strumentalizzare politicamente questa drammatica vicenda, si leggeva nel pomeriggio in una nota di Palazzo Chigi. Berlusconi tace, anche perché qualunque cosa ha detto sino ad oggi è stato utilizzato dai sequestratori contro di lui. Il premier tuttavia continua a lavorare e a seguire la vicenda Iraq, che è stata al centro di un summit a Palazzo Chigi (Letta, Frattini, Pisanu, Martino, Bonaiuti e i capi dei tre Servizi). Al termine un comunicato informa che l'esecutivo sta continuando a fare tutto il possibile per la liberazione degli ostaggi e per la restituzione della salma di Quattrocchi. Quel che pensa il Cavaliere traspare nelle parole delle persone a lui più vicine. Come Sandro Bondi (Forza Italia) che si dice convinto che il nostro Paese «saprà dimostrarsi unito e forte anche in questa drammatica circostanza»; E Fabrizio Cicchitto (anche lui Fi) paventa il tentativo, da parte dei rapitori, di far saltare con il loro ricatto l'equilibrio politico del Paese; e Renato Schifani (anche lui azzurro) è ancora più esplicito ipotizzando la volontà di «influenzare il prossimo voto elettorale e di spaccare in due il Paese facendolo precipitare in un clima di paura e di conflitto politico interno». Gianfranco Fini, appena arrivato negli Usa per incontrare il vicepresidente Cheney, ripete quel che ha detto in questi giorni: «Non si parla, si lavora». Ma esprime felicità per la conferma che i tre italiani sono ancora vivi. Si spinge oltre il s