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Dalla telecronaca al silenzio assoluto

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Fino alla strigliata dei servizi segreti, arrivata ieri: la pubblicazione di false notizie sulla sorte degli ostaggi italiani in Iraq rischia di compromettere la loro liberazione. Ma vediamo quali sono state le tappe della vicenda che da oltre dieci giorni tiene col fiato sospeso l'Italia. IL RAPIMENTO — Il 12 aprile quattro italiani vengono rapiti in Iraq dalle Falangi verdi di Maometto: Salvatore Stefio, Umberto Cupertino, Fabrizio Quattrocchi e Maurizio Agliana. Il caso finisce immediatamente sul tavolo del Consiglio supremo di Difesa, convocato dal presidente dela Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, precisa: nessun negoziato con la guerriglia. Nella primissima fase le informazioni sulle trattative vengono filtrate all'opinione pubblica. L'UCCISIONE DI QUATTROCCHI — Due giorni dopo la politica inizia a spettacolarizzarsi con le prime dichiarazioni in tv di Frattini in seguito all'uccisione di uno degli ostaggi italiani, Fabrizio Quattrocchi. Da questo momento le mosse dei politici vengono seguite passo per passo e amplificate dai mass media: dalla lettera del capo dello Stato al padre della giovane vittima - in cui Ciampi esprime cordoglio ai famigliari, ma esorta anche a tentare tutte le strade per salvare gli altri tre ostaggi - alle rassicurazioni di Berlusconi - «Stiamo facendo tutto il possibile» - alla raffica di vertici fra leader politici e diplomatici. MESSAGGIO MEDIATICO — Niente Arcore. Il premier segue in prima persona l'evolversi della situazione. Per questo motivo resta chiuso a palazzo Chigi lo scorso fine settimana. Il vicepremier cerca di abbassare il sipario sulla vicenda che tiene l'Italia intera col fiato in sospeso: «È l'ora di agire in silenzio, il nostro impegno non cambia». Nuove figure si inseriscono nella difficile mediazione con i sequestratori, fra cui emissari del Vaticano e del leader libico, Gheddafi. Nella strategia adottata dal governo rientra il messaggio mediatico di Antonella Agliana, sorella di uno dei rapiti. Il suo disperato appello, a nome delle famglie dei tre ostaggi, viene mandato in onda sulla tv araba Al Jazeera. La sera stessa, sabato 17, Berlusconi manifesta un «cauto ottimismo». Il giorno dopo i segnali di speranza sono in aumento. IL PREMIER SI SBILANCIA — Tutte le principali autorità dello Stato sono in azione, sia per trattare, sia per incoraggiare i famigliari dei rapiti. Lunedì il presidente del Senato, Pera, visita casa Agliana, a Prato. Il giorno dopo è un rincorrersi di dichiarazioni che fanno pensare a un'imminente, positiva soluzione. Da Mosca, dopo aver incontrato il presidente Putin, Berlusconi annuncia: «Siamo in fiduciosa attesa. Potrebbero esserci novità nelle prossime ore». Poco dopo anche Fini manifesta pubblicamente il suo ottimismo. DIETRO-FRONT — A fronte di tanti messaggi di speranza, mercoledì gli italiani si svegliano convinti che gli ostaggi siano stati liberati, ma non è così. Secondo autorevoli indiscrezioni, Berlusconi ha pagato di tasca sua il riscatto - cinque milioni di euro - ma la trattativa non è ancora chiusa. Le famiglie dei rapiti ripiombano nell'angoscia. Sulla vicenda cala il silenzio. Per l'intelligence «bisogna solo aspettare». E soprattutto, dopo tante parole, tacere.

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