Anche la campagna elettorale è in ostaggio

Anche una parola in più o in meno può essere decisiva per i tre ostaggi. Silenzio, mi raccomando. Silenzio». Silvio Berlusconi ripete con ossessione le stesse parole in consiglio dei ministri. Parla, parla. Parla del viaggio appena concluso a Mosca, dei successi ottenuti con Putin, dell'inaugurazione del nuovo mega impianto di elettrodomestici della Merloni. Parla. Ma è chiaro che tutti i ministri stanno pensando ad altro. Le loro menti sono tutte in Iraq, appese alla sorte dei tre ostaggi italiani. Il premier lo ha capito dal momento in cui ha messo piede nella sala dove si riunisce il governo e proprio per questo ha voluto iniziare con un tema "leggero". Sdrammatizza Berlusconi, racconta delle risate al Cremlino con l'amico Vladimir, delle canzoni suonate per lui, delle arie rossiniane in omaggio all'Italia. Poi però tocca il tema del giorno per dire sostanziamente una parola: "Silenzio". E così anche il Cavaliere ha avuto l'esatta sensazione di quel che sta accadendo: la politica ostaggio degli ostaggi, l'Iraq unico argomento della campagna elettorale ma anche del dibattito in generale. A trecento chilometri di distanza, al Forum degli amministratori di An, c'è chi insiste perché si parli d'altro («dei temi e dei problemi della gente»), che chi preferisce che se ne discuta «ma senza esagerare» e c'è chi invece che «non si faccia finta di nulla, perché personalmente sono contro la guerra». Insomma, anche la destra si divide su un tema così scottante. Ma non è una divisione ideologica e nè una divisione culturale. Si tratta di distinzioni "geografiche". C'è chi proviene dai piccoli centri che parla del grande tema ma si concentra sui «problemi concreti che toccano tutti i giorni la gente, che ci chiede risposte reali non discettazioni» e chi, invece, vivendo nelle grandi città sente di più la pressione dell'elettorato d'opinione. Per esempio, Italo Bocchino, responsabile degli enti locali del partito di Fini, delimita gli ambiti: «Dobbiamo parlare delle vere questioni che toccano i cittadini. Il verde, la vivibilità, la solidarietà sociale, l'assistenza agli anziani. Parliamo di questo, è un campagna elettorale prevalentemente amministrativa». Bocchino non nega che si parlerà anche dei temi di politica nazionale: «Certo, ci sono delle Europee. Ma in tutte le elezioni di middle term, il governo è chiamato a dire quello che ha fatto e l'opposizione quello che non è stato fatto. Ecco, dobbiamo solo dire i risultati ottenuti. Punto e basta. Concentriamo lì i nostri sforzi. Nel caso delle amministrative, pensiamo ai programmi, spieghiamo quelli, spieghiamo quello che vogliamo fare e come vogliamo governare». Il portavoce dei partito, Mario Landolfi (chiamato dal palco "Cesare", lui ribatte: "Avrei preferito Augusto") si spinge oltre: «Non c'è dubbio che corriamo il rischio che la politica parli solo di questo, sarebbe un errore. Non dobbiamo nemmeno correre il rischio opposto, ovvero far finta che la questione non esista. È evidente che ci sono due linee: quella egoista di Zapatero, lontano da noi non ce ne frega nulla; e quella della solidarietà internazionale nella quale ci riconosciamo». Altri big del partito, altri toni. Adolfo Urso ricorda: «Abbiamo restituito la coscienza nazionale al Paese che da troppi decenni sembrava smarrita. Una coscienza che è emersa nella tragedia di Nassiriya e anche nel sacrificio di Fabrizio Quattrocchi. La sinistra, ancorata al passato, non ha capito quel che sta accandendo e parla in modo sprezzante della morte di quel ragazzo genovese». Parole sfumate escono dalla bocca di uno degli uomini della destra di raccordo tra Roma e il territorio, il senatore Lamberto Grillotti che è anche sindaco di Rivolta d'Adda, in provincia di Cremona: «Guardi - avverte -, il vero tema non è l'Iraq, ma l'Europa che non c'è. Spieghiamo questo, dicendo chiaro e tondo che con noi l'Europa conterà di più». Dal Nord al Centro. Non si preoccupa troppo Paolo Ver