Basta sprechi, la Tv non può imitare il calcio
Le vacanze di Flavio Cattaneo, da un anno al vertice di viale Mazzini, durano pochissimo. Non come quelle della presidente Lucia Annunziata, che si è presa due settimane ed è volata negli Usa. Ma il quarantenne direttore generale di Rho ha troppo da fare. Studiare la delibera della Commissione di Vigilanza sulla par condicio in periodo elettorale, affinché poi i direttori la traducano in una serie di programmi ad hoc e terminare la complessa riorganizzazione aziendale appena partita, con ancora tante caselle vuote da riempire. Ad un anno di distanza però un bilancio è d'obbligo: sul piatto pesano più gli obiettivi centrati o le liti con la presidente Annunziata? «I litigi, come le polemiche, durano il tempo di una giornata e poi passano, quelli che restano sono i fatti. E in un anno di cose ne sono state fatte, credo. Abbiamo stabilizzato i conti, coperto il 70 per cento della popolazione con il digitale terrestre con un anno di anticipo, varato un nuovo codice etico, approvato il nuovo piano industriale e la riorganizzazione aziendale. Certo c'è ancora tanto da fare, ma non abbiamo scaldato la sedia, anche grazie al CdA e al gruppo dirigente». Sì, ma gli scontri con il presidente sono stati continui... «Chi pensa di essere nel giusto va avanti per la sua strada e basta». Al suo arrivo i maligni dissero subito che un manager della Fiera di Milano, pur bravissimo, era inadatto al mezzo televisivo. Poi però lei si è appassionato veramente, forse più di quanto si sarebbe aspettato? «Io l'ho detto subito che non c'era molta differenza tra produrre auto o prodotti televisivi. Certo, cambiano le dimensioni e le tecnicalità dell'azienda. Basta usare il buon senso però per entrare nel prodotto. E ci vuole molto impegno. Ci sono numerosi esempi di gente che è riuscita ad ottenere il massimo in settori che non conosceva. Anche Berlusconi. Era bravo nell'edilizia e quando ha fatto televisione è risultato il migliore. Poi si è buttato in politica ed è diventato il numero uno. Il capo azienda deve gestire l'azienda». I prodotti di questa azienda sono programmi, però. Lei quali preferisce da telespettatore? «In ufficio ho davanti sei televisori sempre accesi e guardo tutto. Apprezzo molto l'intrattenimento, dal varietà al reality show, perchè la tv deve essere anche svago e l'approfondimento anche storico (come Porta a Porta, Blu notte e alcuni programmi di Rai Educational). La fiction è importante, ma ha bisogno di continuità di visione». Quali sono i suoi successi più grossi: Bonolis e Celentano a Sanremo? «Il successo per me non è il colpo di teatro, a volte effimero, ma quello che deriva da un lavoro lungo, continuo e complessivo». Il suo slogan è «ottimizzare e razionalizzare». Lei che è un risparmiatore, taglierebbe ancora i cachet dei teledivi? «Io non voglio buttare i soldi. Bisogna evitare gli sprechi. La Tv non può imitare il calcio. Il rapporto qualità/prezzo va sempre controllato. Infatti, si possono ancora ridurre i costi se pensiamo che l'ascolto è necessario solo dove c'è la raccolta pubblicitaria. Il servizio pubblico deve mirare alla qualità dove non ci sono esigenze strettamente commerciali». Lei a Roma si è ambientato benissimo, dica la verità... «Sì, è vero. Io sono un camaleonte. Mi adatto ovunque. E qui sto benissimo». È d'accordo con il consigliere Veneziani che ha proposto di mantenere una sede di rappresentanza della Rai nel centro città, anche dopo il trasferimento a Saxa Due? «Sì, infatti, rientra nel piano industriale una sede storica e simbolica. Il progetto immobiliare è avviato, ma ci sono tempi lunghi. Il comune di Roma ha fatto una previsione che per noi non sta in piedi. I grandi investimenti tecnologici che dobbiamo fare avrebbero bisogno anche di strutture nuove...». Nuova sede a Roma e nuova a Milano. «Certamente, ma le dimensioni sono ben diverse. E poi ci sono anche Napoli e Torino, che qualcuno, forse per alzare polveroni, ha dichia