Ingressi di lavoratori: 2 anni di fermo

Lo ha detto il ministro del Welfare Roberto Maroni, ribadendo lo spirito della proposta avanzata giovedì al Consiglio dei ministri. «Quello che vogliamo fare - ha affermato Maroni - serve a garantire che i datori di lavoro assumano prima di tutto lavoratori italiani, mantenendo tuttavia, laddove ci siano richieste così ampie, la possibilità di assumere lavoratori provenienti dai paesi che entreranno nell'Unione europea». Corretto, per il ministro, «il monitoraggio dei flussi per i due anni» all'interno di «una manovra che è un giusto equilibrio tra chi proviene da Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca rispetto a quelli che vengono dai paesi del Maghreb». Ai lavoratori provenienti dai Paesi aderenti all'Unione europea, durante i due anni di moratoria verrebbe riservata una quota di 20 mila ingressi, dal primo maggio al 31 dicembre di quest'anno. In particolare, la moratoria si applica ai cittadini provenienti da otto dei dieci Paesi aderenti alla Ue (Cipro e Malta sono esclusi), che abbiano un contratto di lavoro subordinato, mentre ci sarà da subito la libera circolazione per chi viene a svolgere un'attività autonoma. Il ministero del Lavoro dal canto suo monitorerebbe i nuovi ingressi per controllare il flusso di lavoratori ed evitare che vi sia un impatto nocivo sul nostro tessuto economico e produttivo e per decidere, quindi, in che tempi realizzare la liberalizzazione. il trattato di adesione alla Ue, firmato ad Atene nell'aprile del 2003, stabilisce che i Quindici devono garantire la libera circolazione ai cittadini dei Paesi entranti, ma che ai lavoratori provenienti da otto di questi Stati possono applicare un periodo di deroga alla libertà di movimento per motivi di lavoro. Una moratoria di due anni, cui possono aggiungersi altri tre e poi altri due per un totale di sette anni. «L'Italia - ha rilevato Maroni- si associa alla decisione di applicare la moratoria già presa dagli altri partner, ad eccezione di Gran Bretagna e Irlanda». Quanto alla decisione di riservare ai lavoratori dell'Est una quota di 20 mila ingressi è in linea con quanto previsto sempre dal trattato di adesione, che garantisce ai lavoratori dei Paesi aderenti condizioni «almeno uguali» a quelle dei cittadini extra Ue e rappresenta una quota aggiuntiva rispetto a quella di 79.500 permessi prevista per il 2004.