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di FABRIZIO DELL'OREFICE FINI si frena, An si spacca.

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Di fronte al muro contro muro con Silvio Berlusconi sull'abbassamento delle tasse e sulla mancanza di collegialità, Fini mostra la faccia buona, usa toni più sfumati, abbozza una ricucitura. Insomma, passa dalla linea dell'«altolà a Berlusconi» alla frenata al premier per concludere con l'invito a riflettere all'amico Silvio. Tanto che, commentando appunto il titolo del Secolo («Fini frena Berlusconi»), afferma: «Non è vero che stiamo riflettendo, il titolo giusto dovrebbe essere "Fini invita Berlusconi a riflettere" ma sarebbe troppo lungo». Quindi dispiega il suo ragionamento sulla politica fiscale con una sfilza di domande: «Il problema è da che parte cominciare. Dall'Irpef o dall'Irap che è la tassa più ingiusta perché colpisce le piccole e medie imprese?». E chiede ancora: «Le tasse vanno ridotte ma si comincia dall'imposta sulle persone fisiche o da quella sulle piccole e medie imprese? E se cominciamo dall'Irpef lavoriamo sulla riduzione delle aliquote per i redditi più elevati o a favore dei redditi più bassi? E come copriamo il mancato gettito nelle casse dello Stato?». Insomma, il vicepremier evidentemente vorrebbe essere maggiormente coinvolto nelle scelte: «Ridurre la pressione fiscale è un impegno del governo con gli elettori ma comporta - aggiunge - un minor gettito nelle casse dello Stato e quindi una minore possibilità di spesa. Ci sono da fare risparmi e anche qualche taglio». E incalza: «Bisogna capire quali gettiti vengono meno e come coprirli». In ogni caso «si tratta di garantire il potere di acquisto dei salari e degli stipendi medio-bassi». Gli scappa anche un «governo ha fatto bene». Tuttavia, Fini lascia Roma e va a presentare, accompagnato dal ministro dell'Ambiente Altero Matteoli (leader della componente interna di Nuova Alleanza), il suo libro in Toscana. Diserta insomma il Consiglio dei ministri («Era un impegno fissato da due mesi e non disdico gli impegni»). Lo segue nella scelta anche il ministro delle Politiche Agricole, Gianni Alemanno (che guida invece Destra sociale) che però spiega che la sua assenza è «tecnica» e aggiunge: «Per recuperare collegialità e progettualità economica. L'importante è avere un metodo preciso, che noi abbiamo rivendicato nella verifica, e dare dei messaggi che siano centrati ed estesi a tutta la maggioranza». Vanno invece in Consiglio dei ministri altri due ministri, quello delle Comunicazioni Maurizio Gasparri (leader di Destra protagonista) e Mirko Tremaglia. Ma Gasparri pone uno stop a Berlusconi e chiede il rispetto degli impegni: «Credo che si debba dare immediato seguito alle conclusioni della verifica». E ricorda che erano stati previsti «meccanismi di collegialità, un consiglio di gabinetto che si riunisca con regolarità, una definizione chiara di compiti e competenza del vicepresidente del Consiglio in riferimento al coordinamento delle politiche economiche e sociali». Quindi, ritardare «nell'attuazione dei contenuti della verifica sarebbe un grave errore che An denuncia in quanto tale e chi come si spende e si batte per una coalizione coesa, senza la quale non ci sarebbe competizione elettorale, ritiene che ci vuole chiarezza e lealtà nella coalizione». «Quindi in termini di ore vanno chiariti questi fatti per evitare - conclude Gasparri - equivoci dannosi per il governo e per il Paese». Tremaglia taglia corto: «Quale spaccatura? Non c'è nessuna spaccatura nel partito».

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