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Devolution, arriva un nuovo stop di Pera

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Critiche anche dal Vaticano: «È una riforma con troppe incertezze, i poli ancora più divisi»

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Tuttavia, rispetto ai due scopi dichiarati della riforma, consolidare la democrazia dell'alternanza e completare il federalismo, la riforma «non può ancora dirsi compiuta». E ancora: «C'è tempo per cambiare e di questo tempo occorre approfittare». Il giudizio è del presidente del Senato, Marcello Pera, che intervenendo al forum di Confcommercio promuove il premierato quale «modello coerente, equilibrato, trasparente, garantito» che introduce «un equilibrio virtuoso nel rapporto Parlamento-permier». Ma avanza dubbi sull'istituzione del Senato federale che «crea uno squilibrio istituzionale» nei confronti del governo. «Il Senato - sottolinea la seconda carica dello Stato - avendo competenza esclusiva o paritaria su tutte le materie concorrenti, sui diritti di libertà, e, finchè non si sia realizzato il federalismo fiscale anche sulla legge finanziaria, ha un potere enorme non controbilanciato nei confronti del governo». «In primo luogo - prosegue - il Senato federale si chiama "federale" e deve svolgere funzioni di raccordo delle Regioni tra loro e fra le Regioni e lo Stato, ma in esso uno dei due soggetti che si devono raccordare non è rappresentato direttamente». «Inoltre - prosegue ancora - questo Senato ha competenze su materie come le grandi opere pubbliche, la scuola, al ricerca scientifica e tecnologica, la concorrenza economica, l'energia, la previdenza complementare e integrativa, il mercato del lavoro, il commercio con l'estero, in pratica, ha competenze su pressochè tutte le questioni oggetto di programma e di politica di governo. Infine, questo Senato che ha competenza sulla politica di governo, non dà o nega la fiducia al governo». Di qui il rischio che si producano almeno tre effetti negativi. «Innanzittutto - sottolinea Pera - si genera uno squilibrio fra istituzioni e si apre una contraddizione nel sistema: quella governabilità che si acquista con i poteri del premier si perde tutta con i contropoteri del Senato. In secondo luogo, questo sistema non diminuisce quella proliferazione abnorme di ricorsi alla Corte per conflitto di competenze tanto che è difficile pensare ad una diminuzione dei conflitti Stato-Regioni, mentre è più facile pensare ad una conflittualità permanente Camera (governo)-Senato. In terzo luogo, negoziare in Senato per il governo significa, alla fine, spendere per acquisirsi il consenso di interessi incorporati». «Occorre, dunque, più federalismo e più governabilità - conclude Pera - c'è tempo per cambiare anche se, lo dico con rammarico, avrei desiderato che a cambiare il Senato fossero stati protagonisti i senatori. Di questo tempo occorre approfittare. Sarebbe sbagliato sia considerare il testo già definito, perché in realtà è coperta da un'ombra assai seria, sia rigettarlo totalmente perchè invece una riforma assai promettere, per la parte del premierato, utile e adeguata. L'unica cosa per cui non c'è tempo è credere che abbiamo ancora tanto tempo o che possiamo perderne altro». Critiche arrivano anche dal Vaticano. Sono «pieni di incertezze» i contenuti delle nuove regole costituzionali ed è «ancora lungo» il cammino verso il varo definitivo delle riforme: così l'Osservatore romano presenta il fatto che a due giorni dalla prima approvazione in Senato delle riforme «i poli sono sempre più divisi».

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