Salva-calcio, rateizzazione mensile dei debiti
L'«aiuto» consisterà nella rateizzazione mensile del debito tributario. Potrebbe durare cinque anni e varrà per tutte le società del settore sport e spettacolo, non solo per quelle calcistiche, che comunque dovranno fare un adeguato passo indietro. E impegnarsi a prevedere un tetto per il numero dei calciatori da ingaggiare e un tetto anche per i loro stipendi. Dopo la violenza, l'arroganza e la paura di una domenica sera da dimenticare, il pressing sul governo in merito al decreto salva-calcio diventa più insistente. Il tempo stringe. Il giorno della verità per il mondo del pallone potrebbe essere giovedì, quando il Consiglio dei Ministri si troverà ad affrontare lo «spalma-debiti» predisposto da Gianni Letta. Ma si potrebbe arrivare anche a lunedì. Già ieri però un grande passo avanti è stato fatto nel vertice presieduto da Letta a Palazzo Chigi. Sia chiaro: le risposte sul decreto salva-calcio da parte di Berlusconi, dopo i fatti dell'Olimpico, sarebbero state ben diverse, afferma subito Letta nel suo discorso introduttivo. Ma il decreto sarà ugualmente varato dal governo. Solo però in concomitanza con una forte e seria opera di risanamento dei club da parte del mondo del calcio: questo il contenuto dei colloqui con il sottosegretario Pescante, il presidente del Coni Petrucci e il segretario generale Pagnozzi e il vicepresidente federale Abete. L'impressione è che si voglia chiudere la partita in fretta: del resto il 31 marzo scadono i tempi per le licenze Uefa per le coppe europee della prossima stagione. Carraro, che parteciperà oggi al consiglio nazionale del Coni, potrebbe anche convocare d'urgenza un consiglio federale per discutere del provvedimento. All'incontro a Palazzo Chigi, durato un'ora e 50 minuti, partecipa anche il ministro Pisanu, per una valutazione dei gravi fatti dell'Olimpico. E non è certo di ottimo umore. Chiede ragioni e spiegazioni. E ottiene come risposta che l'unica persona che può decidere la sospensione della partita è l'arbitro. Solo lui. La partita ora prosegue sul fronte politico. E sembra non facile. La Lega continua ad essere contraria al salvacalcio e il suo no al decreto è ormai diventato un aut-aut (insieme al federalismo) che rischia di mettere in crisi il governo. «O così o siamo fuori dalla coalizione», ha detto Maroni. A spiegare l'opposizione della Lega è Giorgetti: «La Lega voterà contro sia in CdM sia in Parlamento», ribadisce il segretario che però vuole ridimensionare il «rischio» per il Governo. Meno estrema la posizione dell'Udc, anche di fronte alle novità del vertice di ieri. «Ridurre gli stipendi miliardari», è per Follini (Udc) l'unica condizione. «Penso che il calcio stia vivendo al di sopra delle sue possibilità e che sia doveroso imboccare un percorso più rigoroso e più virtuoso - aggiunge - Non lo dico con spirito punitivo». Più duro Buttiglione: «In un Paese in cui tanta gente vive con 516 euro - ha spiegato - è bizzarro pensare che lo Stato sovvenzioni i calciatori. I contribuenti non devono rimetterci». A rispondere alle polemiche è proprio il vicepremier Fini, intervenendo a sostegno della decisione di Berlusconi in soccorso del «pallone»: «Ci sono - osserva Fini - tantissime società che sono debitrici nei confronti dello Stato di 510 milioni di euro; se falliscono, lo Stato non prenderà un centesimo. Si tratta - aggiunge - di prevedere delle forme di rientro nella legalità più elastiche, senza però danneggiare le società virtuose». Per il presidente della Regione Storace non è vero che «c'è qualcuno che vuole ricattare il governo». D'accordo sul decreto «ma senza più sperperi», è il ministro Gasparri. No dai Ds: «L'ennesimo decreto inefficace». La partita giovedì in CdM resta tutta da giocare. Ma bisogna fare in fretta.