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Derby sospeso, arrestati tre tifosi giallorossi

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Insoddisfacenti le versioni fornite negli interrogatori. Convalidati i fermi per gli otto bloccati negli scontri

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E le indagini del dopopartita hanno portato subito, tempo neppure 24 ore, a prendere quei provvedimenti «duri» invocati da più parti. Così si spiega l'arresto, ieri pomeriggio, dei tre tifosi giallorossi - Stefano Carriero, del gruppo «Tradizione e distinzione», nelle immagini quello col berretto di lana; Roberto Maria Morelli, col cappellino rosso; e Stefano Sordini, l'uomo senza capelli, questi ultimi del gruppo ASRoma Ultras - che domenica sono entrati in campo, hanno «parlamentato» con Francesco Totti a nome della curva sud, hanno fatto pressione per non giocare. Chiamati negli uffici della Digos come «persone informate sui fatti», hanno fornito versioni ritenute dagli investigatori di Franco Gabrielli non soddisfacenti, anzi contrastanti: così la loro posizione è cambiata, portando di conseguenza alle accuse di violenza privata e di invasione di campo, contenuta nell'articolo 6 bis della legge sulla violenza negli stadi, che concede l'arresto entro 36 ore. L'ipotesi è quella che i tre abbiano intimidito i giocatori: a tal fine però sono servite più le immagini acquisite dalle dirette tv che non la testimonianza dei capitani di Roma e Lazio, lo stesso Totti e Sinisa Mihajlovic, che invece l'altra notte in Questura avrebbero negato ogni minaccia. Il labiale rimandato dalle telecamere - Totti: «se giochiamo, questi ci ammazzano»; e prima i capi ultras: il ragazzino «è morto, fidate, c'ha chiamato la madre» - è stato sufficiente, soprattutto visto che la Procura di Roma già nella prima mattinata di ieri aveva aperto un fascicolo - che il reggente Ettore Torri ha affidato al sostituto Elisabetta Cennicola - per procurato allarme e violenza privata. Il magistrato già stamattina chiederà la convalida dell'arresto, forse contestualmente alla richiesta di misure cautelari. Nel frattempo, sono stati convalidati i fermi degli 8 tifosi bloccati durante gli scontri. Quattro i laziali, altrettanti i giallorossi: in carcere restano Marco Faustini, giudicato «estremamente pericoloso» dal pm di turno Cascini, e Fabio Testadiferro, di 34 anni, che deve rispondere di porto di coltello, resistenza a pubblico ufficiale e minacce. Ai domiciliari in ospedale invece Alessio G. e Fabio Q., accusati di lanci contro le forze dell'ordine. Di nuovo in libertà, pur con la convalida del fermo, quattro tifosi, che verranno processati fra il 5 e il 15 maggio. Per altri 7 ultras invece la direttissima si svolgerà oggi, mentre un diciassettenne è già stato rimesso in libertà dalla giustizia minorile. In totale dunque sedici arresti - incluso il minore - e 23 denunciati a piede libero. E ben 153 feriti tra le forze dell'ordine, oltre a 14 tifosi. Un bilancio che davvero ha il sapore della guerra civile, se a lato delle cifre si aggiunge l'elenco del materiale sequestrato: sbarre di metallo, mazze di legno, soprattutto bombe carta assassine caricate con chiodi, bulloni e schegge di metallo. Logico che la conta dei danni sia degna di tanta furia: 200 mila euro, la prima stima approssimativa del Coni, che ha dato mandato di sporgere denuncia contro ignoti. Insomma, una «tragedia evitata» per miracolo, per usare le parole del prefetto Achille Serra, secondo il quale quanto avvenuto «può costituire un precedente pericoloso... Erano condizioni imprevedibili, solo grazie alla serenità e alla professionalità delle forze dell'ordine non è successo qualcosa di drammatico». Lo stesso Serra però puntualizza che «con me Galliani prima di decidere non ha parlato ma sono sicuro che avrà avuto le sue ragioni, che io però al momento non conosco». Gli fa eco il questore della Capitale Nicola Cavaliere: «Non ho mai avuto alcun colloquio con Galliani». Presto, secondo il massimo responsabile dell'ordine pubblico, per stabilire se vi sia stato un «piano preordinato» per gli scontri. Le indagini in corso però lo chiariranno, partendo da una domanda semplicissima: quale interesse c'era, in chi ha diffuso la voce falsa, a far saltare il d

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