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Il ddl domani in Aula: fiducia solo se si rischia
A quanto si apprende, dipenderà dall'andamento delle votazioni - e quindi dalla tenuta della maggioranza - la decisione di porre o meno la questione di fiducia, che scatterebbe però sicuramente al primo sentore di «incidenti» come quelli che agli inizi di febbraio, a causa di una trentina di franchi tiratori, imposero il rinvio del provvedimento in commissione. Rispetto ai giorni caldi della verifica di governo, si sottolinea da vari ambienti della Casa delle Libertà, Udc e An in testa, il clima all'interno della maggioranza è più sereno e rende possibile un'approvazione in tempi rapidi, anche per evitare il rischio di trovarsi in una situazione dirompente all'indomani delle Europee. È noto, poi, che l'idea della fiducia non piaccia affatto ai vertici dei due partiti, convinti che una decisione del genere, su una legge tanto cara al premier Berlusconi, si tradurrebbe in un boomerang, in uno mega-spot a favore del centrosinistra in periodo di campagna elettorale. Ma la maggioranza non si può permettere scivoloni sulla Gasparri: lo spauracchio sono i voti segreti, una cinquantina, che almeno si ridurrebbero a una trentina con il voto di fiducia. In ogni caso, resta a scrutinio segreto il voto finale sulla legge. L'esame del provvedimento ripartirà dall'articolo 8 (i primi sette sono stati già approvati dalla Camera). Il primo «node» è atteso all'articolo 15, quello che delimita il paniere del Sic, il sistema integrato delle comunicazioni, e definisce i tetti Antitrust. In Aula il Sic arriva dopo l'ulteriore limatura effettuata dalle commissioni Trasporti e Cultura di Montecitorio, che ha portato complessivamente il taglio a 9-10 miliardi di euro rispetto al testo originario: in sostanza, sono state ridotte le le risorse derivanti dalla pubblicità dell'editoria elettronica (Internet), escludendo gli accessi. Il clima all'interno della maggioranza sembra sereno anche perché dai contatti intercorsi anche nel fine settimana l'intesa sembra mantenere. Nelle altre occasioni, infatti, segnali di dissido s'erano cominciati ad avvertire già nei giorni precedenti al voto.