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«Se la Lega perde voti, cresciamo noi» La Russa: «Destra e Carroccio si dovevano fondere, io ho fatto anche il capogruppo del Senatur»

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Chiacchiera Ignazio La Russa in aereo con i suoi. Fa il punto sulla situazione durante il volo che lo sta riportando a Roma. Lo aspetta a Ciampino l'autista Claudio che lo porterà a Fiumicino. Da aeroporto ad aeroporto. Nuovo aereo, altro giro e altra corsa: stavolta si va a Pordenone, poi a Trieste. Quindi Milano e si torna a Roma. È la campagna elettorale e il coordinatore di An ha già messo nella lista per le elezioni Europee un altro La Russa: il fratello Romano. «Non voleva farlo, l'ho costretto io», confessa Ignazio. E perché non scendere in campo direttamente? , obietta qualcuno. «Lo farò - risponde ai suoi collaboratori con accento di sfida il coordinatore di An -. Ecco, vi do una notizia, anche se non siete giornalisti: mi candido alle elezioni provinciali di Milano. E sapete dove? Nel collegio più difficile, nel peggiore per An». Elezioni provinciali e Europee: i La Russa scendono in campo tutt'e due, c'è da impegnarsi a fondo per recuperare voti questa volta. Se le votazioni non vanno bene, Ignazio ci potrebbe rimettere il posto. E lo sa. C'è da riprendere consenso, dunque, soprattutto al Nord. Ragiona il numero due del partito di Fini: «La sapete una cosa? In tutto il Nord, dico in Lombardia e anche in tutto il Veneto, noi e la Lega siamo collegati da vasi comunicanti. Se cresciamo noi, diminuiscono loro. Se scendiamo noi, crescono loro». Mettiamola così, gli fa uno: la Lega perderà voti, ci sono possibilità per crescere. «No, non mettiamola così - replica La Russa -. Il punto non è che la Lega cala, il punto è che noi dobbiamo crescere e tutta la Casa delle Libertà deve vincere. E fatevelo dire da me che li conosco bene; conosco troppo bene i nostri elettori e quelli della Lega in gran parte del Nord: sono gli stessi. Guardate i dati». Resta qualche secondo in silenzio e si mette fare il gesto della bilancia con le mani. La mano destra va su e quella sinistra scende; poi la destra scende e la sinistra sale. «Ecco, siamo così. Nel Nord il nostro peggior risultato corrisponde al loro migliore e il contrario». I collaboratori di La Russa obiettano, lo contraddicono, non sembrano convinti della teoria del capo. E lui s'innervosisce: «Ma che ne sapete voi! Fatevelo dire da me che ho fatto pure il capogruppo della Lega». Il piccolo seguito zittisce. Un deputato avverte: «'Gnà, ma che stai a dì? ». E lui ricorda: «Erano le elezioni regionali del '90. Loro ebbero un successo travolgente, portarono al Pirellone, nel consiglio regionale lombardo, quindici consiglieri. Noi, l'Msi, appena due. Solo che molti di loro non avevano mai partecipato a nulla, non avevano fatto mai politica e così pensavo a tutto io. Facevo il capogrupppo del Msi e quello della Lega. Mi seguivano, l'intesa era perfetta. Alla discussione del primo bilancio, era l'inizio del '91, organizzammo un'opposizione spietata. Mettemmo nell'angolo i socialisti e i democristiani. Con i dc c'era anche Bruno Tabacci (oggi nell'Udc, ndr), che poi sarebbe diventato presidente. Con l'ostruzionismo bloccammo tutto. Eravamo in diciassette e i leghisti mi seguivano in tutto e per tutto. C'era un feeling perfetto anche con Umberto Bossi. Portammo l'allora maggioranza all'esasperazione, impazzirono, capirono che eravamo troppo forti. Uniti, noi e leghisti eravamo imbattibili. Così i socialisti iniziarono a lavorare ai fianchi il leader regionale della Lega. Come si chiamava? Ve lo ricordate?». Lo staff del coordinatore spara nomi uno dietro l'altro e lui cassa tutti: no, quello no; no, non è nemmeno quell'altro. Poi urla: «Italo (Bocchino, suo vice, ndr), come si chiamava? ». «Castellazzi, anzi no: Castellani!». «Ecco, bravo. Castellani. Era un fedelissimo di Bossi e decise che il sistema si doveva cambiare dal di dentro. Così convinse Umberto a fare l'accordo con i socialisti. La Lega in una notte entrò in tutti i consigli di amministrazione degli enti lombardi e ritirò gli emendamenti al bilancio. Li feci tutti miei e continuammo la batta

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