Margherita, il leader riconfermato all'unanimità ma tra le varie anime è guerra delle cifre
Votati anche 99 membri che costituiscono il 25% dell'assemblea federale che nel giro di un paio di settimane esprimerà sia la direzione, sia su proposta di Rutelli l'ufficio di presidenza che prenderà decisioni politiche di fondo. Nell'ufficio di presidenza oltre a Rutelli faranno parte i maggiori leader del partito, d'altra parte la votazione bulgara non significa unità sostanziale. Il congresso si è impostato sui rapporti di forza interna che vedono Rutelli e Franceschini col 40%, Marini e De Mita col 40%, Parisi col 10% e Dini col 10%. Anche se subito c'è stato chi ha notato che gli ex popolari sparsi nelle varie componenti potrebbero totalizzare ben più del 50%, il che ha subito fatto scoppiare una certa guerra delle cifre. Una situazione che ha fortemente indispettito Franco Marini, organizzatore del partito e del congresso, che non vuole che il lavoro di difficile compattazione ed equilibratura interna, possa essere messo a rischio da polemiche sui numeri: «Sono costretto a dire come stanno le cose perché vedo un'opera di strumentazione inaccettabile. Vedo una sarabanda di cifre distorsive e false e ho il dovere di dire che sui 99 eletti al congresso più del 50% sono ex popolari, il 20 vicini a Rutelli, il 20% vicini a Parisi e l'8% vicini a Dini» Questa la macchina comunque, questa la formazione della Margherita sancita a Rimini. Il documento approvato dal congresso conferma fra l'altro l'adesione del partito al progetto di Romano Prodi, e contiene l'impegno a far nascere a Strasburgo un gruppo unico che possa fare da punto di riferimento di tutti i riformisti europei. Quanto alla sostanza politica, Rutelli nella sua relazione conclusiva torna a rifarsi ai concetti espressi da Prodi dicendo che bisogna battere il terrorismo «con la forza della democrazia». Lumeggia poi «orizzonti generosi e lungimiranti» ai quali deve guardare il partito che è «della Repubblica» nel senso dello spirito di servizio a favore della Comunità. Riguardo all'«anima» del partito, dice che «dobbiamo dimostrare» di averla che «c'è un'anima in quello che facciamo» che in questo partito ci sono ragioni che «noi proporremo» per un «disegno nuovo di governo». Fra le notazioni fatte dal neo-confermato leader della Margherita, la considerazione che «è un bene che la Confindustria volti pagina con il prossimo cambio di presidenza». Fra gli interventi esterni quello del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha tratteggiato una situazione economica e sociale estremamente grave. Servirà quindi, ha detto fra l'altro, un «patto fiscale» articolato su tre punti fondamentali. Il primo è «far pagare le tasse a chi in questi anni si è arricchito»; il secondo è «far pagare le imposte in base al reddito reale e non presunto»; il terzo è «difendere il principio cardine della progressività». Nel dibattito della giornata l'intervento di Rosy Bindi, che sul problema della identità e dei destini del partito, ha detto che può essere superato con l'affermazione che la Margherita durerà tutto il tempo che servirà a mettere a posto il sistema politico. Quanto agli assetti interni, afferma che non serve parlare di organigrammi, che ciò che conta è una partecipazione e condivisione delle scelte. Dario Franceschini sostiene la necessità di radicare di più il partito e affronta il problema del gruppo comune al Parlamento europeo rispondendo «non ci interessa» all'ipotesi di un allargamento del gruppo socialista. Anche da Franceschini una critica al governo in politica estera che considera «appiattito» sulle posizioni di Bush.