Il Parlamento vuole rivedere tutto: «Il reato oggi altera la percezione dell'illegalità». No del governo
E nel nuovo testo (che tuttavia deve ricevere ancora il via libera, per ora c'è l'ok solo degli uffici di presidenza) è scritto: «Si rende necessario un inasprimento delle sanzioni attualmente previste in materia: la modesta entità delle pene attuali, in un contesto ordinamentale che si caratterizza per l'estrema lentezza dei procedimenti penali, contribuisce, fra l'altro, ad abbassare la soglia di rilevanza dei termini di prescrizione». Quindi, il punto critico: «Per quanto concerne, in particolare, la disciplina del reato del falso in bilancio, poi, l'introduzione di soglie quantitative che escludono la punibilità del fatto può oggettivamente alterare la percezione dell'illegalità del comportamento». In pratica, si chiede totalmente di rivedere l'impianto del reato che, come riformato di recente, prevede solo una multa per il falso di piccola entità, per diventare reato penale (quindi si rischia il carcere) ai livelli più alti. Il Parlamento chiede completamente di rivedere la «soluzione a gradi» perché, si sostiene, con le soglie (fino a un certo punto multa, poi reato penale) s'induce ad un fraintendimento generale per cui non si capisce quando il falso è «grave» e quando no. Si pensa di abolire le soglie. Ipotesi contro la quale si è espresso il governo appena pochi giorni fa. Giovedì scorso il sottosegretario all'Economia Gianluigi Magri, parlando della possibilità di rivedere il falso in bilancio come aveva detto il ministro Tremonti all'inizio del mese, spiega: «Confermo la disponibilità dell'Esecutivo ad affrontare la questione del falso in bilancio». Ma, spiega, «non tanto con riferimento alla qualificazione della fattispecie penale come reato di danno, ma piuttosto intervenendo sulla misura delle sanzioni». In pratica, l'impianto per il governbo non si tocca: al massimo si possono incrementare le pene. Nella bozza conclusiva dell'indagine parlamentare si sottolinea anche che «radicale trasformazione dell'attuale assetto di vigilanza con un'unica Autorità competente in materia di banche, intermediari mobiliari e assicurazioni» sarebbe «controproducente o quantomeno prematura». Tuttavia, «è da confermare la scelta, già parzialmente accolta nell'ordinamento, di un modello di vigilanza per finalità». Quindi, Bankitalia dovrebbe mantebnere le sue competenze. Ma si ventila la fine del mandato a vita per il governatore, suggerendo «criteri uniformi» per tutte le autorità di controllo e richiedendo «piena indipendenza, autonomia ed efficacia anche ad organismi collegiali nominati per un periodo di tempo predeterminato». Infine un piccolo dissidio. La bozza è stata presentanta solo alla Camera, al Senato non è stato raggiunto un accordo (soprattutto dentro al Cdl) sul testo che sarà forse ancora modificato. F. D. O.