Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Iraq, l'opposizione è uscita a pezzi dal voto

default_image

Ds, Margherita, socialisti, Ap-Udeur sotto il tiro incrociato dell'estrema sinistra e della maggioranza

  • a
  • a
  • a

Dei 357 i deputati che hanno votato sul decreto 281 hanno detto «sì», 64 i «no». I voti contrari sono stati tutti di Verdi, Comunisti italiani, Rifondazione, 39 deputati del «correntone» Ds più altri tre della maggioranza del partito, uno della Margherita. 12 gli astenuti, tutti del gruppo Ap-Udeur e delle minoranze linguistiche. Infine, maggioranza Ds, Margherita e Socialisti democratici non ha votato. Al momento della votazione i deputati del centrodestra hanno gridato «vergogna, vergogna» a quelli dell'opposizione. È terminato così, ieri, quello che è stato un vero e proprio calvario per i partiti del «listone» Prodi, gravemente divisi su posizioni diverse, come dimostrano i dati sulla votazione, articolati non su semplici pro e contro, ma anche su astensioni e «non votazioni» da parte di deputati: tutti mezzi adoperati per tentare di evitare ulteriori lacerazioni interne. Per vedere un applauso proveniente da tutti i gruppi, c'è voluto l'intervento del presidente Casini che, in chiusura di seduta, ha salutato i soldati impegnati nelle missioni di pace. Gli incontri e le estenuanti trattative delle scorse settimane sono continuati infatti anche ieri in extremis e ancora nel pomeriggio, quando i gruppi della «Lista Prodi» hanno alla fine sistemato un ordine del giorno, sul quale sono riusciti a votare compatti, contenente la cosiddetta «clausola Zapatero», in base alla quale le truppe italiane dovrebbero lasciare Nassiriya il 30 giugno se per quella data la transizione irachena non sarà stata affidata alla gestione dell'Onu. Dicendo così, però, gli «ulivetani» hanno anche detto «no» a un ritiro immediato. Il governo d'altra parte non ha concesso sconti all'opposizione. Questa aveva chiesto al che il decreto fosse sdoppiato, il modo che alcuni, come i Ds, potessero magari votare «no» al rifinanziamento di «Antica Babilonia» ma votare «sì» alle altre missioni. Così se Quercia, Margherita e Sdi hanno scelto il non voto e sono arrivate a questa decisione dopo un ennesimo vertice dei leader e una mediazione dei capigruppo a Montecitorio, Piero Fassino è stato costretto ancora una volta a registrare posizioni insanabili tra la sua maggioranza e il correntone. «Tutte le opposizioni hanno votato insieme contro la missione italiana in Iraq - ha insistito il capogruppo ds Luciano Violante - questo è il dato decisivo». Ma subito il coordinatore della minoranza Fabio Mussi ha osservato che «su questioni come la pace e la guerra non si può scegliere di non votare». Oltretutto, la sinistra più radicale non ha perso l'occasione di cavalcare le difficoltà del «listone», e nelle dichiarazioni di voto di Verdi, Pdci e Prc non non mancati gli attacchi ai riformisti. Fausto Bertinotti ha precisato che un terzo delle opposizioni ha detto no alla missione e salutato la «buona notizia di giornata». Pecoraro Scanio ha parlato di «pagina nera per il centrosinistra». Sullo sfondo, anche la «minaccia» dei «cobas» che hanno fatto sapere: meglio nessuno che non ha votato «no» si faccia vedere nella manifestazione no-war indetta per il 20 prossimo. Infine, il listone ha dovuto incassare anche gli attacchi della maggioranza che ha parlato di scelta vile di una coalizione inaffidabile. Marco Follini ha denunciato «lo spettacolo penoso del triciclo». D. T.

Dai blog